Naufragio di migranti nel 2015 Recuperato il relitto con le vittime

È stato recuperato, con l’intervento anche di un’impresa trentina, il relitto del peschereccio inabissatosi il 18 aprile 2015, nel naufragio in cui morirono circa 700 migranti, considerata la più grande tragedia nel Mediterraneo fra i viaggi della speranza, a largo della costa della Libia.

Quaranta dei superstiti trovarono poi ospitalità in Trentino.

Il barcone è stato agganciato due giorni fa. E stato sollevato dal fondale con il modulo di recupero presente sulla nave Ievoli Ivory.

In zona è presente nave San Giorgio della marina militare, che sta fornendo la protezione a tutto il dispositivo navale, è imbarcata oltre al personale del gruppo operativo subacquei della Marina, una squadra di vigili del fuoco che ha il compito di effettuare i primi rilievi sul relitto e anticipare le informazioni utili alle squadre pronte a terra. Il relitto sarà trasportato nella rada di Augusta dalla nave Ievoli Ivory, e sarà collocato all’interno di una tensostruttura refrigerata, lunga 30 metri, larga 20 e alta 10, dove inizieranno le operazioni di recupero delle salme dal relitto.

Il recupero delle salme dal relitto avverrà ad Augusta da parte del personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco e successivamente dal personale del corpo militare della Croce rossa italiana.

I corpi saranno esaminati da esperti sanitari di varie università coordinati dalla dottoressa Cattaneo del laboratorio di antropologia e odontologia forense (Labanof) del dipartimento di morfologia umana e scienze biomediche di medicina legale dell’università di Milano, allo scopo di acquisire informazioni utili a creare un network a livello europeo che permetta di risalire all’identità dei corpi attraverso l’ incrocio dei dati.

Il modulo di recupero è stato progettato e realizzato dalla società Idmc Impresub - Diving and Marine Contractor di Trento.

I quaranta i profughi giunti in Trentino dopo il naufragio vennero accolti nel campo della protezione civile di Marco di Rovereto, dopo avere visto morire le centinaia di altri migranti con cui viaggiavano, al largo della costa della Libia.

Nelle parole dei sopravvissuti ci fu il racconto della tragedia in mare, riferito in una nota della Provincia di Trento. Il dramma in pochi secondi: l’acqua imbarcata e il sovraffollamento: raccontarono del doppio di persone a bordo rispetto alla capienza. «Numerosi profughi, fra i quali molte donne, viaggiavano anche nel vano motore - venne spiegato - e fecero capovolgere lo scafo. In acqua, le tante donne e i tanti bambini, mogli, figli, persero la vita davanti ai loro occhi».

La loro sofferenza, a quanto spiegava ancora la nota della Provincia, «era cominciata già in Libia, dove i trafficanti e le milizie avevano rinchiuso i migranti in un magazzino, lasciandoli senza cibo. Chi si rifiutava di entrare veniva freddato dai proiettili degli aguzzini. Il prezzo: mille dollari a persona e partenza di notte, navigando a vista».

Gli operatori del Cinformi (Centro informativo per l’immigrazione della Provincia) e per la protezione civile a Marco (medici e psicologi volontari della Croce Rossa e degli Psicologi per i Popoli e operatori del Centro Astalli, Punto d’Approdo e cooperativa Mircoop), che li accolsero in Trentino, spiegarono: «Sono persone che hanno vissuto una tragedia di vaste proporzioni. Si sono salvate dalle acque del Mediterraneo, ma molte di loro in mare hanno perso familiari, amici e compagni di viaggio. Sono, peraltro, migranti che già presentavano, ancora prima di partire, una particolare fragilità: hanno subito guerre, violenze e persecuzioni.

Sono arrivati qui fra l’altro senza scarpe e con i soli vestiti che avevano addosso ma, soprattutto, senza più la forza anche solo di accennare un sorriso.
Mai come in questo caso dobbiamo garantire loro non solo la massima protezione, ma cercare anche di creare le condizioni per una permanenza il più serena possibile nella nostra comunità».

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