Strage di Orlando: il killer aveva frequentato quel locale per gay

La doppia vita di Omar, il killer della strage di Orlando. Ha colpito la comunità gay, uccidendo 49 persone. Ma ora il quadro sulla sua personalità va facendosi sempre più chiaro. E sembrano non esserci più dubbi sul fatto che anche lui fosse omosessuale.

Le indiscrezioni e le testimonianze raccolte indicano una verità sconvolgente: il ragazzo di origine afghana era stato più volte al Pulse, il club teatro del massacro.

E - come racconta l’Orlando Sentinel - era un assiduo frequentatore di chat online per omosessuali, iscritto anche a una app per incontri gay chiamata Jack’d.

In un’intervista a una giornale brasiliano, ripresa dal New York Post, è poi la ex moglie Sitora, con cui Omar fu sposato per qualche mese nel 2009, a confermare le sue tendenze sessuali, mentre un ex compagno di scuola del killer racconta come una volta ricevette un invito esplicito ad uscire insieme.

Ma i colpi di scena, a due giorni dalla peggiore sparatoria della storia recente degli Stati Uniti, non finiscono qui.

Tra gli indagati, infatti, ci sarebbe anche l’ultima moglie attuale di Omar Mateen, la trentenne Nora, che avrebbe saputo delle intenzioni dell’ex marito.
E avrebbe anche cercato di rintracciarlo per fermarlo, per farlo desistere dal mettere in atto il diabolico piano.

Agli investigatori, Nora avrebbe raccontato di trovarsi con Omar quando l’uomo acquistò munizioni e una fondina per la pistola. E avrebbe condotto il marito al Pulse in auto almeno in una occasione. Forse un sopralluogo. Come quello che probabilmente Omar ha compiuto alcuni giorni prima della strage anche al parco di Disney World, forse un possibile obiettivo.

Ora la donna, che sta collaborando con gli inquirenti, rischia di essere incriminata con l’accusa di non aver avvertito le autorità competenti su quanto sapeva prima dell’attacco al Pulse.
Un attacco che, se così stanno le cose, si sarebbe potuto evitare.

Intanto i feriti ancora ricoverati sono 27, e sei versano in gravi condizioni. «Il bilancio delle vittime potrebbe aggravarsi», ammettono i medici. I racconti dei testimoni si moltiplicano e danno il senso dell’orrore che ha sconvolto la vita delle decine di sopravvissuti. Con l’immagine di un killer calmo, freddo, spietato, che rideva mentre sparava. Insensibile al pianto degli ostaggi che lo supplicavano, implorandolo di salvare loro la vita. Ma lui implacabile si accaniva sui corpi, e sparava più volte contro lo stesso bersaglio per essere sicuro di aver ucciso la sue vittime.

Sempre più nella bufera, poi, l’Fbi, accusata da più parti di aver fallito, di non essere riuscita a fermare un uomo che aveva messo sotto sorveglianza e interrogato per ben due volte. Ma alla fine Omar non era stato considerato una minaccia, nonostante i suoi viaggi in Arabia e nonostante - come emerge dai racconti di familiari e amici - fosse un tipo instabile e violento. E sensibile alla propaganda estremista. Pare che più volte abbia anche scherzato sugli attentati dell’11 settembre, raccontano alcuni conoscenti.

Il numero uno dei federali, James Comey, si difende: «Non ci sono indicazioni che agenti Fbi abbiano sottovalutato dettagli che avrebbero potuto prevenire il massacro».

Ma ammette la difficoltà, tra migliaia e migliaia di potenziali sospetti, di individuare il potenziale «lupo solitario», che si è radicalizzato attraverso il web. Un problema che non riguarda solo l’America. Mentre quella delle armi da fuoco è sì una emergenza tutta americana, un’epidemia. E un tema che ora infiamma una campagna elettorale per le presidenziali così come il tema dell’Islam.

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