La corsa della Cina dipende dalle riforme

La Cina può crescere ancora ma servono riforme strutturali. Deve migliorare le politiche fiscali, limitare l’intervento statale, aiutare le aziende a rimanere efficienti riformando il mercato del capitale e contenere il costo della spesa fiscale abbassando il tasso di interesse. E poi aumentare gli investimenti nelle infrastrutture, dalle reti stradali alle ferroviarie ad alta velocità, dai sistemi fognari alle scuole. È un’analisi lucida con molti spunti concreti quella di Yu Yongding, già presidente della Società cinese di economia mondiale, oggi al Festival dell’Economia per parlare del trend di crescita cinese.

"Quello che è successo alla Cina negli ultimi decenni ha oggi del miracoloso. La Cina è passata dalla 13esima posizione nel ranking mondiale negli anni ’80 alla seconda nel 2015. Ha moltiplicato di 50 volte il proprio pil e ora minaccia da vicino la supremazia degli Stati Uniti. L’economia funziona a piena capacità. Secondo varie statistiche le potenzialità di crescita si attesterebbero attorno al 6,5% e il potenziale di crescita corrisponderebbe a quello effettivo. In questa situazione sarebbe impossibile intraprendere politiche finanziarie perché il livello massimo è già raggiunto”. La tesi di Yu Yong ding è però in controtendenza: “O il potenziale di crescita è sottostimato oppure la crescita attuale è sovrastimata. O forse entrambe le stime non sono corrette”.

Ma come ridurre il gap tra questi tassi – potenziale e reale -e come attivare politiche fiscali per stimolare e rendere stabile l’economia? “Dopo trent’anni di successo, la Cina attraversa oggi una fase di grande difficoltà. Ha introdotto un piano di incentivi finanziato con il credito bancario, ma troppo in fretta, creando problemi di indebitamento. Esistono piani di riforma ma mancano tempistiche chiare di attuazione. Occorre stabilizzare la crescita. L’unico modo per farlo è attuando riforme per sostenere quella crescita che, anche se più lenta, potrà tenere il passo con l’economia statunitense nel prossimo decennio. A cominciare dalla riforma delle imprese a proprietà statale. Ma vi sono altre sfide che la Cina deve affrontare: introdurre regole per la concorrenza, migliorare l’efficienza e adottare macro politiche di tipo espansivo per fermare la decrescita”.

Contrazione delle importazioni (-13%), calo dell’utilizzo delle facilities, deflazione, reddito medio in continua crescita: vari sono i problemi secondo Yu Yongding che vanno affrontati. A cominciare dalla bolla immobiliare che ha aumentato i costi delle abitazioni, il consumo di risorse e ha fatto proliferare la corruzione. Un altro grave problema è quello della sovraproduzione (ad esempio di acciaio) che potrebbe portare alla caduta dei prezzi e alla compressione dell’economia. “In Cina attualmente sono presenti due spirali deflazionistiche: una causata dalla sovra capacità produttiva e l’altra dall’indebitamento che oggi è del 41,5%. Per bloccare questa spirale negativa che influisce sulla redditività aziendale occorre investire nelle infrastrutture. Senza trascurare le altre emergenze importanti: l’inquinamento, l’investimento in educazione e in equità sociale”.

 

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