Siria, bombe sui profughi almeno trenta le vittime

Almeno trenta profughi uccisi, tra cui donne e bambini, è il bilancio di un raid aereo che ha colpito un campo nel nord-ovest della Siria, nel giorno in cui ad Aleppo città era regnata una calma tesa dopo l’entrata in vigore nella notte della tregua decisa da Stati Uniti e Russia.
Fonti della protezione civile siriana di Sarmada, nella regione di Idlib, affermano che «aerei russi hanno colpito tre volte il campo di Kammuna», poco lontano dal confine turco. La televisione del network Sham mostra immagini di soccorritori intenti a spegnere le fiamme divampate tra le tende del campo.

«Ci sono 20 uccisi e più», afferma nel filmato un membro della protezione civile di Sarmada. Non è chiaro se i jet che hanno compiuto il raid siano siriani governativi o russi.
In precedenza, i comitati di coordinamento locali, attivisti delle opposizioni siriane, avevano riferito di «almeno 30 morti». I media controllati dal governo siriano finora non riportano alcuna notizia in merito.
Ad Aleppo oggi si era registrata una calma inusuale dopo due settimane di raid aerei bombardamenti di artiglieria che hanno ucciso più di 280 persone. Si sono registrati attacchi aerei e scontri armati fuori dalla città, e un duplice attacco dinamitardo ha ucciso una decina di persone a est di Homs nella Siria centrale.

La giornata era stata anche caratterizzata dalla diffusione di immagini satellitari che mostrano come Ramadi, città irachena in mano all’Isis per otto mesi dall’agosto 2015 al gennaio scorso, sia stata ridotta a un tappeto di macerie. La città chiave dell’insurrezione jihadista è stata di fatto rasa al suolo, distrutta dai raid aerei della coalizione anti-Isis guidata dagli Usa e dai combattimenti tra miliziani e forze lealiste irachene.

La distruzione di Ramadi, posta al centro del famigerato ‘triangolo sunnita irachenò, assomiglia a quella di altre città irachene, come Falluja e Hit, e ad altre situazioni catastrofiche in Siria, come Homs e la stessa Aleppo, in larga parte distrutte dai raid aerei governativi e russi e dalle violenze in corso da cinque anni.
Ramadi, capitale della regione irachena di Anbar, sembra essere oggi il simbolo di questa distruzione: oltre 3.000 edifici a terra, quasi 400 strade e ponti danneggiati o distrutti tra maggio 2015, quando i jihadisti conquistarono la città, e il 22 gennaio dopo la riconquista delle forze irachene.

Le foto sono state rese disponibili dalla DigitalGlobe e analizzate dal centro di ricerca Allsource Analysis, due entità private statunitensi.
In alcune immagini sono evidenziati crateri causati dall’impatto di bombe sganciate dalla coalizione a guida americana. Alcuni crateri hanno diametro di 14 o 15 metri. In tutto il sistema di analisi ne ha identificati 615 in tutta Ramadi. Le immagini mostrano anche il danneggiamento della diga sul fiume Eufrate, noto come il ‘Ponte Jazirà.

La maggioranza della popolazione della città crocevia verso la Siria e la Giordania e che un tempo contava un milione di persone, è fuggita e non può tornare nella città. In otto mesi di interregno jihadista si stima che circa 800 civili siano rimasti uccisi.

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