A 16 anni a scuola con la pistola per «vendicare» l'amica lasciata

A scuola con la pistola, presa da casa all’insaputa del padre, per difendere l’amica lasciata dal fidanzato. Voleva lavare l’onta di quell’abbandono, e far vedere ai compagni che lui non scherza, il sedicenne denunciato per porto abusivo d’armi al Tribunale dei minori di Torino. Una vicenda sulla quale è intervenuto anche il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che parla di un fatto «certamente grave». E invita a «riflettere sul perché avesse quell’arma».

La storia assomiglia a quelle degli Stati Uniti, dove la presenza delle armi è una vera e propria piaga anche tra i più giovani. E invece si svolge a Ivrea, poco più di 23 mila anime nella tranquilla provincia torinese, in un istituto professionale come tanti. Igor, il nome è di fantasia, raggiunge la cittadina dove studia in treno. Alla stazione incontra alcuni compagni, tra cui quel ragazzo che tanto aveva fatto soffrire l’amica. La calibro 38 è carica, ma resta infilata nei pantaloni.
La spacconata basta però a spaventare, e non poco, i coetanei, che denunciano l’episodio alla polizia. Gli agenti intercettano il giovane a scuola, nella sua classe. Dalla perquisizione dello zaino salta fuori la pistola a tamburo e, in mezzo ai libri, una quindicina di proiettili e cinque coltelli.

Armi regolarmente detenute dal padre dello studente, ignaro che le avesse prelevate dalla cassaforte di casa, in cui erano custodite. «Se un ragazzo, minorenne o maggiorenne che sia, si trova con un’arma carica a disposizione - aggiunge il ministro Giannini - il problema sono le circostanze che gli hanno permesso di averlo e non tanto il luogo in cui si trova, la scuola», che - sottolinea - può considerarsi «senza dubbio» un luogo sicuro.
Anche dai tentativi di sequestro, come quello denunciato da una giovanissima studentesse delle Medie, undici anni appena, a Borgaretto, nel Torinese. I carabinieri hanno appurato che si è trattato di una bugia, per evitare una interrogazione di musica.

Ma il caso è finito sui social e, di Whatsapp in Whatsapp, è diventato virale. Tanto che una coetanea di Caselle Torinese, a una manciata di chilometri di distanza, ha raccontato alla madre di essere stata avvicinata da una Fiat Punto nera, mentre andava a scuola, e di essere stata anche lei vittima di un tentativo di sequestro. Anche questo, però, era inventato.

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