«Tav da sabotare», assolto De Luca: non è istigazione

Assolto con formula piena, «perché il fatto non sussiste». Per il tribunale di Torino, dove la sentenza è stata pronunciata tra applausi e grida di gioia, Erri De Luca (nella foto) non è colpevole di istigazione a delinquere, il reato che la Procura aveva ipotizzato nei confronti dello scrittore per alcune interviste in cui sosteneva che «la Tav va sabotata».

Un concetto ribadito ieri, in una breve dichiarazione spontanea, prima che la decisione del giudice monocratico sgomberasse il campo dai dubbi, e dalle polemiche, che hanno accompagnato la vicenda. E, con la sua decisione, impedisse «una ingiustizia», come ha sostenuto l'imputato tra gli applausi e gli abbracci del popolo No Tav che lo ha eletto a simbolo della lotta al supertreno.

Sono passate da poco le 13 quando viene pronunciata la sentenza nella maxi aula 3 del Palagiustizia. L'autore di «La parola contraria», un pamphlet proprio sul diritto alla libertà di espressione, si commuove. «Ne esco con la testa alta - dice con le lacrime agli occhi - ma ne sarei uscito a testa alta anche in caso di condanna».

I pm Padalino e Rinaudo, che dovranno ora valutare l'eventuale ricorso contro l'assoluzione, avevano chiesto una condanna a otto mesi in seguito alla denuncia di Ltf, la società italo-francese che si è occupata dal progetto e delle opere preparatorie della Torino-Lione. Per il popolo No Tav si tratta di «un'altra sconfitta per i pm con l'elmetto».

La vittoria «della parola contraria, più forte delle parole del potere», come scrivono su notav.info, uno dei siti del movimento che si oppone alla realizzazione della nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Lione.

«Confermo la mia convinzione che la linea sedicente ad Alta Velocità va intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell'aria e dell'acqua - aveva detto Erri De Luca nelle dichiarazioni spontanee rilasciate in tribunale - e anche se non fossi io lo scrittore incriminato, sarei comunque qui dove si sta compiendo un esperimento, un tentativo di mettere a tacere parole contrarie».

Lo scrittore ha quindi detto di sentirsi parte lesa nei confronti di «ogni volontà di censura e sono in quest'aula per sapere se il capo d'accusa invaliderà l'articolo 21 della Costituzione».

«Ciò che è costituzionale - ha proseguito - si decide e difende in luoghi pubblici come questo, come le scuole, le prigioni, i luoghi di lavoro, le frontiere attraversate dai richiedenti asilo. Si decide al piano terra della società».

Quanto alle accuse, De Luca ha osservato: «Sono incriminato per aver usato il termine sabotare, un termine che considero nobile, perché praticato da figure come Ghandi e Mandela, e democratico. Sono disposto a subire la condanna penale - ha concluso - ma non a farmi censurare o ridurre la lingua italiana. Si incrimina il sostegno verbale a un'azione simbolica».

E intanto la politica torna a dividersi sull'opportunità delle parole pronunciate da De Luca e sui loro effetti pratici. «Così come c'è la libertà di opinione dello scrittore Erri De Luca, c'è libertà d'opinione da parte mia di poter dire ad alta voce e con forza che chi incita al sabotaggio è un cattivo maestro», sostiene Maurizio Lupi, ex ministro delle Infrastrutture e capogruppo di Area Popolare.

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