«Comprò senatori». Berlusconi condannato

Tre anni di reclusione a Silvio Berlusconi. Stessa pena inflitta a Valter Lavitola. È il verdetto che fa calare il sipario sul processo di primo grado per la vicenda della compravendita dei senatori. Un epilogo, come pronosticato dai pm, che per la prima volta sanziona penalmente le decisioni di un parlamentare qualificandole come viziate dalla corruzione. «Prendo atto di una assurda sentenza politica al termine di un processo solo politico costruito su un teorema accusatorio risibile», è stata la reazione di Berlusconi, mentre per Prodi quella che è stata lesa è stata «la democrazia e non - ha detto - la mia persona», per questo non si costituì parte civile.


Berlusconi, secondo quanto stabilito dal Tribunale, avrebbe dunque corrotto tra il 2006 e il 2008 l'allora senatore Sergio De Gregorio con tre milioni di euro, di cui due erogati in contanti attraverso l'intermediazione dell'ex direttore dell'Avanti Valter Lavitola. Scopo del pagamento, far sì che De Gregorio, eletto nella lista dell'Italia dei Valori, passasse allo schieramento di centrodestra e contribuisse alla caduta del governo Prodi che a Palazzo Madama si reggeva su un esile scarto di voti. Un'iniziativa che, secondo gli elementi raccolti dal pool di magistrati della procura - il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i pm Henry John Woodcock, Fabrizio Vanorio e Alessandro Milita - e in base alle dichiarazioni dello stesso De Gregorio (uscito dal processo con un patteggiamento a un anno e otto mesi di reclusione) rientrava in un più ampio piano di azione per far cadere l'esecutivo di Romano Prodi, un piano che aveva anche un nome: «Operazione Libertà».

La sentenza accoglie le richieste della Procura, diminuendo tuttavia l'entità della pena (tre anni rispetto ai cinque chiesti per il Cavaliere e i 4 anni e 4 mesi per Lavitola), stabilisce per gli imputati cinque anni di interdizione dai pubblici uffici e li condanna in solido, insieme con Forza Italia, al risarcimento dei danni, da definire in sede civile, nei confronti del Senato della Repubblica, che si è costituito parte civile attraverso l'avvocatura dello Stato.
Il verdetto comunque non diventerà mai esecutivo: il sei novembre - come hanno spiegato i difensori di Berlusconi, gli avvocati Niccolò Ghedini e Michele Cerabona - il reato di corruzione sarà infatti prescritto. Se si calcolano i 90 giorni per il deposito delle motivazioni e i 45 necessari per l'impugnazione, il processo di appello avrà inizio quando già sarà tutto coperto dalla prescrizione. Anche se gli avvocati sottolineano che proporranno appello chiedendo ai giudici di secondo grado una assoluzione nel merito.

Per il procuratore di Napoli Giovanni Colangelo «questa sentenza ha condiviso la tesi accusatoria. Il processo ha riguardato un tema delicato, che non l'insindacabilità del voto del parlamentare, ma il condizionamento del voto. Un voto espresso per un pagamento e non per libera scelta politica. Il reato di corruzione si riferisce non all'espressione del voto ma a una promessa di voto».
«Prendo atto di una assurda sentenza politica - ha commentato Berlusconi - al termine di un processo solo politico costruito su un teorema accusatorio risibile. Resto sereno, certo di aver sempre agito nell'interesse del mio Paese e nel pieno rispetto delle regole e delle leggi, così come continuerò a fare».

 

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