Italicum, il Pd sostituisce i dissidenti in commissione

Sembra avvicinarsi davvero il momento di massima tensione nei rapporti fra le opposte visioni delle componenti Pd: ieri la segreteria Renzi ha deciso di rimuovere dalla commissione affari costituzionali dieci membri che fanno capo alla minoranza interna e che non erano disposti a dare il via libera alla nuova legge elettorale senza prima apportarvi modifiche. Fra i defenestrati anche figure di primo piano, come l'ex segretario Pier Luigi Bersani, Gianni Cupero e Rosy Bindi.
Tutti critici, ormai da mesi, sull'Italicum 2.0, la riforma elettorale attesa il 27 aprile in aula alla Camera. La notizia, ratificata dall'ufficio di presidenza del gruppo Pd, conferma come, sulla riforma delle legge elettorale, il premier Matteo Renzi nonintende  concedere nulla al dissenso Pd o delle altre opposizoni. Ma la decisione di Renzi, oltre a far salire in trincea l'M5S e perfino Scelta Civica, che minacciano l'Aventino in commissione, rischia di allargare ulteriormente la frattura interna ai Dem con una buona fetta della minoranza pronta al contrattacco in aula.Se poi il capo del governo pensasse di trovare una via di uscita ponendo sulla contestata legge elettorale la questione di fiducia, non è detto che funzioni: ieri Gianni Cuperlo, già sfidante di Renzi alle primarie, ha detto chiaramente che in tal caso «la legislatura sarebbe a rishcio». In altre parole, dalla minoranza dem si manda a dire a Renzi che potrebbe cadere nel vuoto la sua minaccia di andare alle urne in caso di resistenze sull'Italicum o sulla riscrittura della Costituzione. Anche perché, si osserva in ambienti dell'opposizione, quella della minaccia del voto anticipato è una pistola scarica per Renzi, se prima non passa la nuova legge elettorale: si andrebbe alle urne con un sistema sostanzialmente proporzionale denso dunque di incognite. La sostituzione dei dieci, sottolineano fonti del gruppo Dem, non è una forzatura e non è stata votata dall'ufficio di presidenza che si è limitato ad attuare quanto deciso dall'assemblea dei deputati di mercoledì scorso, quando il cosiddetto lodo Cuperlo (ovvero la sostituzione dei membri che, sull'Italicum, non sono in linea con il gruppo e, inoltre, sono determinanti nelle votazioni degli emendamenti) fu definito di buon senso dallo stesso Renzi. Ma la sostituzione di Bersani, Bindi, Cuperlo, Lattuca, D'Attorre, Giorgis, Pollastrini, Agostini, Meloni e Fabbri è destinata ad invelenire ulteriormente il clima sull'Italicum con la minoranza che, a partire dallo stesso Cuperlo la definisce «un fatto molto serio» e avverte appunto che se Renzi optasse la fiducia darebbe luogo ad uno strappo che metterebbe a rischio la legislatura. E se Rosy Bindi («è una sostituzione di massa») e Stefano Fassina («una regressione della democrazia») non usano termini meno morbidi, Renzi ribadisce la sua linea: sulla fiducia si «vedrà» al momento della discussione parlamentare ma «siamo all'ultimo chilometro». E, soprattutto, l'Italicum 2.0 non sarà «perfetto» ma «non si può ripartire». La sostituzione, operata sulla base dell'art. 19 del regolamento della Camera, appare, per numero, senza precedenti ed è destinata a far rumore. Con il M5S che minaccia di abbandonare la commissione trovando, inaspettatamente, anche Sc al suo fianco. Sel, FI, e Lega per ora non annunciano alcun Aventino ma i toni dell'opposizione sono durissimi, e non esitano, a partire dal capogruppo Fi Renato Brunetta, a definire «aberrante» la sostituzione dei dissidenti Pd. Un Aventino delle opposizioni non sarebbe certo un bel biglietto di ingresso per il rush finale del ddl in aula e, non a caso, in ambienti renziani un simile gesto viene definito come una «violenza alla democrazia». Ma in Aula la battaglia ci sarà e vedrà in prima linea la parte meno dialogante della minoranza Pd. Domani, in commissione, inizieranno le votazioni dei 95 emendamenti oggi ammessi, 11 dei quali presentati dal Pd.E c'è chi, come Alfredo D'Attorre, già sottolinea come le proposte a sua firma - su riduzione dei capilista bloccati e apparentamento al ballottaggio, dove il rischio di un'asse tra minoranza Psd e opposizione è alto - saranno ripresentate in Aula. Si prevedono, insomma, giorni di nuova bufera nel Pd e fonti della minoranza dem osservano come, anche sul fronte del capogruppo dimissionario Roberto Speranza, almeno finora, non si sono concretizzate quelle aperture paventate dallo stesso Renzi nei giorni scorsi. Con, all'orizzonte, l'ormai probabilità che Speranza venga davvero sostituito.

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