Vincono Bonaccini e Oliverio ma trionfa l'astensionismo

Stefano Bonaccini, terminato lo scrutinio delle schede, si conferma vincitore di queste elezioni regionali in Emilia Romagna con il 49,05% dei voti, seguito dal leghista candidato del centrodestra Alan Fabbri che ha avuto il 29,85%. In Calabria scrutinio a rilento: con oltre 1900 sezioni scrutinate su 2409, Mario Gerardo Oliverio è comunque al 61,53%, contro il 23,61% di Wanda Ferro.

 

«Non sono un test per il Governo, non è un referendum», sottolinea il ministro Maria Elena Boschi certa comunque di incassare un'affermazione delle coalizioni di sinistra nelle due Regioni. «Ovviamente, credo che finirà con una vittoria del Pd in entrambi i casi», dice quando i dati sull'affluenza non sono ancora noti. Una difesa che forse punta a prevenire le bordate che, infatti, sono arrivate nel corso della giornata. L'attacco più forte è giunto dalla minoranza Pd. «I primi dati dell'affluenza alle Regionali sono disarmanti. Da domani (oggi per chi legge, ndr) forse sarà più chiaro che la governabilità come unica stella, senza rappresentanza, è non solo un problema ma un vero e proprio pericolo», ha tuonato Pippo Civati dal suo blog.


Romano Prodi invece sembra mediare: «Il voto - ha detto uscendo al seggio poco dopo che sono stati diramati i dati sull'affluenza - è l'unico filo che ci lega sistematicamente alla democrazia, quindi uno può essere contento o scontento, ma se si rinuncia al voto si rinuncia a qualcosa».


Al di là degli attacchi della minoranza dem, il voto «emiliano-calabrese», arrivato a poco meno di due anni dalle politiche del 2013 e dopo circa dieci mesi di governo Renzi, non sembra poter rappresentare un tagliando per l'esecutivo. Di fronte alla compattezza della compagine renziana, naufraga qualsiasi parallelo con le elezioni di mid-term che hanno visto crollare la maggioranza democratica di Barack Obama negli Usa.
Rischia di incidere, invece, sulla tenuta del patto del Nazareno e sull'accordo per la nuova legge elettorale. Negli ultimi giorni Forza Italia ha alzato i toni, temendo una modifica dell'Italicum a vantaggio di Ncd. Sono proprio gli equilibri nel centrodestra a poter risultare rivoluzionati dal voto delle regionali. Berlusconi, Matteo Salvini ed Angelino Alfano sanno infatti che le urne sanciranno anche il loro nuovo «peso politico».


Avversari sia a Bologna che a Catanzaro, Fi ed Ncd si stanno attaccando duramente, non a caso, alla vigilia di una settimana nella quale dovrebbero incontrarsi per discutere delle prossime alleanze in Veneto e Campania. La Lega, intanto, osserva interessata augurandosi che il voto dell'Emilia-Romagna regali il sorpasso sugli «azzurri» di Silvio Berlusconi. E gli conceda maggiori margini di trattativa proprio sul tavolo delle future alleanze.
Governo e Pd sono anche davanti alla prova dello stress test politico-parlamentare del Jobs act che da oggi a mercoledì è all'esame della Camera. Maria Elena Boschi , ministro per i rapporti con il Parlamento, esclude che si arrivi alla fiducia, ma il provvedimento che rivede le norme sul lavoro e l'articolo 18, dà nuovo alimento allo scontro con la Fiom, e con la minoranza Pd. I tempi sono di fatto contingentati e c'è un «pacchetto» definito di emendamenti il che dovrebbe escludere che si arrivi alla fiducia ma lo scontro è preventivo, diretto.


Le temperature non si abbassano nemmeno sul fronte delle relazioni con il sindacato, Fiom in testa, con Landini che annuncia altre iniziative.

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