Scontro mortale e fuga: il video dei banditi

 Cavallino, il Cinese e Aziz: sono i soprannomi dei tre marocchini che il 12 giugno scorso hanno provocato la morte di un architetto sulla tangenziale di Milano durante un inseguimento iniziato dopo aver forzato un posto di blocco perché trasportavano droga. I tre, fermati alcuni giorni dopo, sono stati incastrati dalle tracce di sangue lasciate all'interno dell'abitacolo

 

 

 

Cavallino, il Cinese e Aziz: sono i soprannomi dei tre marocchini che il 12 giugno scorso hanno provocato la morte di un architetto sulla tangenziale di Milano durante un inseguimento iniziato dopo aver forzato un posto di blocco perché trasportavano droga. I tre, fermati alcuni giorni dopo, sono stati incastrati dalle tracce di sangue lasciate all'interno dell'abitacolo, grazie alle quali i carabinieri del Ris di Parma hanno estratto il dna dei fuggitivi. Gli esperti sono riusciti inoltre a scoprire che posto occupava ogni bandito, così da fornire elementi per formulare con precisione l'accusa: il Cavallino, Abdelrahim Ombram, di 25 anni, deve rispondere di omicidio con dolo eventuale e resistenza in quanto era alla guida; il Cinese, Abdesamad Salhi, di 22 anni, e Albdelaziz Elhajri, di 24, di traffico di stupefacenti.

 

I carabinieri hanno spiegato che l'Audi A4 dei banditi ha raggiunto i 200 chilometri orari e che il tachimetro si è fermato a 170 dopo l'impatto con la Jeep del 48enne Paolo Armenise. Quell'auto era stata individuata in un'indagine per traffico di droga nell'area di Lainate-Rho e per questo i militari avevano installato in precedenza un gps. Quando  è transitata davanti al posto di blocco, soprattutto a causa della forte velocità a cui viaggiava, i carabinieri hanno iniziato a seguirla nel tentativo di farla accostare. Invece, l'Audi si è schiantata contro la vettura dell'architetto, i tre sono rimasti illesi e sono riusciti a scappare scavalcando il guardrail.


Intercettazioni, analisi delle celle telefoniche e appostamenti, hanno infine condotto i militari coordinati dal procuratore di Milano Alberto Nobili alle abitazioni dei tre a Milano, Buccinasco e Dresano.

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