Quarant'anni fa lo storico referendum sul divorzio

Il 12 e 13 maggio 1974 gli elettori italiani furono chiamati alle urne per un referendum abrogativo che nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto cancellare la norma che quattro anni prima aveva introdotto il diritto di ricorrere all'istituto del divorzio. La legge in questione prese il nome dai parlamentari Loris Fortuna (socialista) e Antonio Baslini (liberale) i cui testi furono unificati nella riforma della disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio contro la quale si erano schierati in Parlamento la Democrazia cristiana di Amintore Fanfani e l'estrema destra con il Movimento sociale italiano di Giorgio AlmiranteIl dossier statistico della ProvinciaVIDEO: Fanfani per il voto contro il divorzioVIDEO: Berlinguer per la legge sul divorzio GALLERY: Gli storici volantini

di Zenone Sovilla

Il 12 e 13 maggio 1974 gli elettori italiani furono chiamati alle urne per un referendum abrogativo che nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto cancellare la norma che quattro anni prima aveva introdotto il diritto di ricorrere all'istituto del divorzio. La legge in questione prese il nome dai parlamentari Loris Fortuna (socialista) e Antonio Baslini (liberale) i cui testi furono unificati nella riforma della disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio contro la quale si erano schierati in Parlamento la Democrazia cristiana di Amintore Fanfani e l'estrema destra con il Movimento sociale italiano di Giorgio Almirante.

Furono queste ultime due forze politiche, con il sostegno di alcuni movimenti cattolici, del Vaticano e dell'episcopato, a dar vita nel 1974 alla battaglia contro un fronte che aveva le radici nel'esperienza cominciata quasi dieci anni prima dai Radicali di Marco Pannella con la nascita della Lega italiana per l’istituzione del divorzio (Lid).
Quest'ultima durante la sfida referendaria fu uno dei principali soggetti in campo, insieme ai gruppi femministi e al fronte dei partiti laici e socialisti cui dopo qualche tentennamento si aggiunse il Pci (che temeva una frattura tra la sinistra e i credenti).
Per la cronaca, la Svp scelse di non dare indicazioni al suo elettorato.

Gli italiani che si recarono alle urne furono quasi 38 milioni, facendo segnare un'affluenza dell'87,7%: i no all'abrogazione del divorzio si imposero con il 59,3%, i sì ottennero il 40,7%.
Il risultato segnò una svolta anche dal punto di vista dell'immaginario italiano e dello sguardo straniero verso il nostro Paese: ne usciva il ritratto di una società in trasformazione che in buona misura separava la sfera religiosa soggettiva da quella dei diritti civili garantiti dallo Stato a tutti i cittadini.
Sul piano politico fu naturalmente una grande sconfitta per la Democrazia cristiana, ma anche il Partito comunista - pur appartenendo allo schieramento vincente - all'indomani del voto dovette affrontare qualche interrogativo sulle sue analisi sociali, dato che il corpo elettorale si era dimostrato assai più indipendente di quanto si ritenesse anche a Botteghe Oscure. Negli anni precedenti a essere veramente convinti della volontà collettiva in difesa del diritto a divorziare, malgrado la mobilitazione delle gerarchie cattoliche, erano stati soprattutto i Radicali.

Chissà, oggi, quale sarebbe l'esito di un analogo referendum e come si schiererebbero le varie aree religiose, politiche e culturali di cui si compone una società nazionale ben più eterogenea di allora, quando però si raccoglievano i frutti di diversi anni segnati dalle battaglie per l'emancipazione operaia, femminile e giovanile. Non dimentichiamo che fu sempre in quella stagione riformatrice che si vararono, fra le altre novità, lo Statuto dei lavoratori, l'istituzione delle Regioni e il nuovo diritto di famiglia.

Per quanto riguarda l'andamento statistico, i più recenti dati Istat pubblicati fotografano un quadro nazionale sostanzialmente stabile: nel 2011 le separazioni sono state 88.797 (+0,7%) e i divorzi 53.806 (-0,7%) rispetto all'anno precedente. La tendenza storica indica invece una crescita notevole: nel 1995 c'erano 158 separazioni e 80 divorzi ogni mille matrimoni, nel 2011 le cifre salgono rispettivamete a 311 e 182.

In relazione al Trentino, l'ufficio statistica della Provincia spiega che nel 2011 sono state rilevati 630 separazioni e 429 divorzi. Questo dato rivela  un trend non univoco, perché la comparazione con il 2010 mostra una crescita delle separazioni (+5,5%) e un calo dei divorzi (-12,1%). La medesima fotografia provinciale estesa all'intero decennio precedente svela un andamento che gli esperti provinciali definiscono «irregolare»: dal 2000 al 2011 aumentano in misura contenuta le separazioni (appena il 2,4%) e più accentuata i divorzi (28,4%).
Nella stessa relazione che accompagna il dossier statistico si sottolinea, peraltro, che il decennio in questione ha registrato una flessione notevole del numero assoluto di matrimoni (dai 2.338 del 2000 ai 1.726 del 2011), crescono quindi le unioni di fatto. E se all'inizio del periodo considerato solo il 5,8% delle nascite riguardavano coppie non sposate, nel 2012 questa percentuale superava il 23%, all'interno di un andamento demografico generale che è pressoché stabile.
Parimenti crescono i single: nel censimento 2011 in Trentino risultavano 75.975 famiglie con un solo componente, il 31,2% in più rispetto a dieci anni prima.

Ecco il dossier della Provincia «Separazioni e divorzi in Trentino (2000-2011)»

 

VIDEO: Intervento di Fanfani per il voto contro il divorzio

 

VIDEO: Berlinguer invita a difendere la legge sul divorzio

 

 

 

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