Internet / Il caso

"Non autorizzo", ecco perché è una bufala, ecco perché è virale

L’esperto di FBK, Maurizio Napolitano, e il fenomeno su Facebook, che vede coinvolti anche migliaia di trentini che hanno visto Channel 4 (oppure no): "Alla fine, in molti lo scrivono copiando e incollando, tanto pensano che non succederà niente"

TRENTO. No, Facebook da lunedì non vi addebiterà 4,99 dollari. No, non basterà un messaggio in bacheca per tutelare i vostri dati (che voi avete accettato di condividere con la piattaforma iscrivendovi). E poi, chi l'avrebbe mai detto, che in provincia di Trento la rete britannica Channel 4 News avesse centinaia di telespettatori?

Anche tantissimi trentini da giorni, stanno raccontando ai propri amici su Facebook di essere pronti a disattivare il proprio profilo «dopo che su Channel 4 News hanno annunciato che» da lunedì il social network addebiterà 4,99 dollari e acquisirà la proprietà di dati, immagini, con la ricorrente impennata d'orgoglio, rigorosamente in maiuscolo: «DICHIARO CHE NON DO A FACEBOOK META IL MIO PERMESSO DI USARE NESSUNO DEI MIEI DATI O FOTO PERSONALI».

Ma perché? Da anni la rete fa parte delle nostre vite, eppure la strada per una consapevole alfabetizzazione digitale è ancora lunga. Cadere in trappole fatte di email con loghi posticci e messaggi in italiano stentato o condividere messaggi palesemente improbabili non è poi molto diverso, e sono comportamenti figli appunto di una lacunosa educazione digitale. Passiamo ore davanti a uno smartphone o a un pc ma quella di saper padroneggiare internet è solo un'illusione.Il fenomeno "Channel 4 News", se vogliamo chiamarlo così, è stato analizzato da Maurizio Napolitano, coordinatore del laboratorio Digital Commons Lab (Dcl) di Fbk: «Non è la prima volta che assistiamo a questo fenomeno, e c'è un aspetto positivo di base: evidenzia il fatto che le persone stanno prendendo sempre più consapevolezza che i propri dati hanno un valore. Tuttavia, colpisce ancora la mancanza d'attenzione.

Perché messaggi fasulli come questi trovano ampia condivisione?

«In gran parte, è giustificata dalla fiducia che si ha verso chi per primo - nella propria cerchia di amicizie - ha condiviso quel messaggio e che, tutto sommato, non costa molto e "mal che vada non succede nulla". In effetti non succede nulla se non tutta una serie di commenti fra i più disparati: chi è concorde con quanto scritto, chi sale in cattedra per spiegare l'errore, chi comincia a prendersi di gioco fino quasi ad offendere ed altro ancora. Tutto sommato niente che non sia diverso da quelle iterazioni che accadono sui social media».

L'educazione digitale da cosa può partire?«Da un qualcosa che spesso non abbiamo: tempo. Per leggere, confrontare, verificare sui motori di ricerca la veridicità di un messaggio prima di condividerlo per essere più consapevoli in quello che si sta facendo. La consapevolezza è alla basa dell'educazione digitale e si basa su un principio semplicissimo: usare del tempo per capire».

Il problema del valore dei dati - che non possono essere tutelati con un post autodichiaratorio improbabile - è reale. «Ci sono leggi che prevedono che, al momento dell'iscrizione ad una qualsiasi piattaforma, il fornitore è tenuto a mostrare il contratto che si instaura. Un contratto che, se non chiede del denaro, comunque chiede i dati. Dati che servono a profilare l'utente. La profilazione è lo strumento con cui il fornitore, oltre a fornire a un servizio migliore, riesce poi a veicolare, in ogni sua forma, pubblicità mirata (che genera introiti molto più alti di quella generica).

Di per se tutto questo lo sappiamo, solo che finiamo spesso per dimenticarlo perché, alla fine, non vediamo transitare denaro e, tutto sommato, il servizio che ci viene offerto ci piace. In letteratura il fenomeno per cui offriamo contenuti ad una piattaforma ottenendo in cambio qualcosa che riteniamo utile, viene detto "mezzadria digitale". La mezzadria è quel fenomeno che vede le persone lavorare una terra di cui non hanno proprietà da cui però ricevono i frutti che condividono con chi ha la proprietà. Nel caso del digitale si tratta quello di produrre contenuti (foto, video, testi ...) che possono essere distribuiti velocemente grazie alle piattaforme ( = la terra) il cui costo di manutenzione non sarebbe facilmente accessibile e per cui, quindi, rinunciamo a qualcosa come la possibilità di ricevere una pubblicità mirata. Aumentando questa consapevolezza, questa educazione digitale, ne capiremo di più il valore e troveremo strumenti migliori che un banale copia/incolla di un testo che non risolve nulla».

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