Tra selfie, autografi, applausi e strette di mano Così si spiega una scoperta storica

di Matteo Lunelli

Selfie, autografi, applausi, strette di mano, titoli sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo, dal New York Times a Le Monde, interviste, due aule gremite all’inverosimile per una conferenze programmata solo 24 ore prima e praticamente non pubblicizzata. No, non stiamo parlando, come apparirebbe scontato, di calciatori. Stiamo parlando di ricercatori e docenti universitari. Scienziati che per un giorno sono diventati delle star. 

Per la prima volta sono state osservate le onde gravitazionali a cento anni di distanza dalle previsione di Albert Einstein sulla loro esistenza e la notizia ha fatto il giro del mondo. Ieri sera nell’aula 6 del Dipartimento di Lettere in via Tomaso Gar si è svolta una quasi improvvisata conferenza nella quale gli scienziati hanno illustrato quanto scoperto e la portata della rilevazione.

Ma la notizia non è tanto (o non solo) la spiegazione scientifica quanto l’eco che ha avuto. L’aula 6 si è riempita all’inverosimile venti minuti prima dell’inizio, con persone sedute per terra e in piedi lungo le pareti. Prontamente è stata aperta anche l’aula 8, con un collegamento video. Riempita in 5 minuti. A quel punto il pubblico, tanti studenti, ma anche docenti e persone di ogni età, si è dovuto accontentare di stare davanti alla porta. Prima dell’inizio, in un clima di meritati festeggiamenti, è tempo di selfie: il professor Giovanni Prodi viene fermato da un amico, forse un docente, e via con l’autoscatto.

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Poco dopo è lo stesso Prodi a chiamare il direttore del Dipartimento di Fisica Lorenzo Pavesi e uno dei giovani ricercaotri, Marco Drago (padovano, ma post doc a Trento) per scattare la foto ricordo.

Dopo il click chiamiamo il direttore Pavesi. «Che giornate. Poi oggi ho avuto anche esami, perché la vita va avanti. Però che soddisfazione». Immaginiamo questi ricercatori che escono da laboratori negli scantinati pieni di computer e strumenti «incomprensibili» per noi comuni mortali, tolgono il camice e si prendono un meritato bagno di folla. «È più o meno così. Questa scoperta è un grande orgoglio, abbiamo vinto una sfida iniziata negli anni Novanta grazie a uno sforzo internazionale e globale. L’articolo della scoperta è firmato da 1.040 ricercatori, un lavoro di squadra nel quale siamo fieri di aver dato un importante contributo».

Purtroppo ricerca è sinonimo di precariato: i giovani di questo progetto possono sperare in qualche porta aperta in più? «Risultati come questo sono da mettere sul piatto quando si parla di investimenti nella ricerca nel nostro Paese. È in corso una raccolta firme a livello nazionale lanciata da uno studioso per far capire al governo quanto la ricerca sia importante. Qui l’Ateneo è supportato dal governo locale e noi investiamo nel reclutamento di giovani. La prossima sfida per il nostro Dipartimento sarà quella di aumentare il numero degli studenti, visto che per la Triennale abbiamo posti chiusi».

Torniamo alle onde gravitazionali. «Diciamo che noi stiamo sentendo la voce dell’universo così come un bambino sente per la prima volta la voce della propria mamma. Non possiamo non essere emozionati».

I DUE TRENTINI

«Scusaci un secondo». Mentre li intervistiamo sia Matteo sia Michele ci chiedono un attimo di pazienza: delle persone chiedono loro di autografare due pagine di giornali che parlano della loro scoperta. Sono più stupiti loro di noi, ma poi tornano subito a raccontarci.

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Matteo Leonardi, classe 1987, di Tuenno, ha studiato al Russell di Cles («mi piacerebbe tornarci per raccontare ai ragazzi la mia esperienza e far capire loro quanto sia importante studiare»), è laureato in Fisica e sta completando il dottorato a Pisa. «Il 14 settembre scorso abbiamo fatto questa scoperta sensazionale. Durante l’esperimento la squadra di Trento è stata la prima a notare l’evento gravitazionale. Poi sono partite email a raffica, la prima è stata di Marco Drago». Marco Drago, padovano che ha studiato a Trento, racconta con emozione: «Ricorderò sempre quel 14 settembre, perché abbiamo saltato il pranzo... La prima email è stata “Wow”. Poi ho scritto: “Questa sembra proprio una vera onda gravitazionale. Non è finta vero?”». Non c’era nulla di finto. Ma torniamo a Matteo Leonardi. «Portiamo dentro l’emozione da mesi: sapevamo della scoperta, ma per via degli accordi di collaborazione internazionali non abbiamo potuto dire nulla. Da giovedì è iniziata la ribalta. Negli Usa il video promo l’ha girato il regista di Interstellar, Christopher Nolan: pazzesco». Passata la meritata ondata di riconoscementi, cosa si aspetta per il futuro? «Spero di restare nel mondo della ricerca e portare avanti questo e altri progetti e ricerche. Con questa osservazione delle onde gravitazionali credo e spero che qualche professore coinvolto possa vincere ul Nobel. E magari il nostro gruppo verrà citato a Stoccolma».

Anche Michele Valentini è di Tuenno. Anche lui ha studiato al Russell e ora sta per laurearsi in Fisica. «Sono uno degli ultimi arrivati nella squadra, ma ho vissuto con grande stupore e incredulità questa scoperta. Il mio futuro? Spero nella ricerca: sono stato due mesi negli Usa e cinque a Pisa nei rilevatori e mi sono creato una rete di contatti che spero possano servirmi. L'insegnamento per noi fisici, senza offesa ovviamente, è una scelta di scorta». Se all'Italia o all'estero si vedrà. «Vedremo: qui da noi è difficile fare i ricercatori. Ma anche se dovessi andare all'estero non sarà per lunghissimi periodi, quindi potrei tornare».

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