Blendle, nuova frontiera del giornalismo nel Web

Le notizie vendute come i film, la musica o le app. Un sogno per molti editori, alla ricerca, finora vana, del modello di business vincente sulla rete, tra micropagamenti e paywall. Eppure, una start up olandese è riuscita laddove i colossi occidentali hanno fallito, spingendo grandi aziende come il New York Times o Axel Springer a scommettere sulla loro idea. Si chiama Blendle, in un anno è arrivata alla ragguardevole cifra di 250 mila iscritti ed ora progetta lo sbarco in altri paesi. Il funzionamento è simile a iTunes: basta iscriversi e con un prezzo tra i 10 e 30 centesimi di euro si può leggere l’articolo che si vuole tra quelli pubblicati su tutte le testate che aderiscono al progetto.

«L’idea - racconta il co-fondatore Alexander Klopping, ospite al Festival del giornalismo di Perugia - ci è venuta un anno fa. Sono un giornalista. E pensavo: perché mai gli utenti pagano Netflix per vedere film, Spotify per ascoltare musica, ma non vogliono pagare per il giornalismo? Mi sono reso conto che non esisteva una piattaforma per accedere a tutti i giornali in maniera semplice, con una sola registrazione, un solo sistema di pagamento e senza pubblicità. Così abbiamo cominciato a bussare alla porta degli editori. Prima ci hanno preso per pazzi, ci hanno detto molte volte no, ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Sul nostro sito ora ci sono tutti i giornali olandesi e presto sbarcheremo all’estero».

Klopping ha 27 anni. Aria sbarazzina, durante i panel si toglie senza imbarazzo la giacca per rimanere in t-shirt. La sua creatura, insieme all’altro sito olandese De Correspodent che si basa però sugli abbonamenti, è una delle realtà più innovative del panorama editoriale europeo, facendo dei Paesi Bassi la patria delle start up di successo nel settore. «Funziona così - spiega il giovane manager -: un amico ti consiglia un articolo, tu paghi mediamente 25 centesimi per leggerlo. Se non ti piace puoi chiedere i tuoi soldi indietro. Questo è il punto fondamentale, perché molte persone non accettano di pagare se non sono sicuri che ne valga la pena».

Il risultato è sorprendente: la restituzione avviene solo in meno del 5% dei casi e gli articoli che normalmente vanno forte sugli altri siti, qui hanno scarso successo. «Le notizie di gossip o quelle create solo per fare click non funzionano - spiega -. Vanno bene gli articoli lunghi, le analisi, le opinioni. È il giornalismo investigativo che piace». Un dato che fa riflettere, se si pensa che i due terzi degli iscritti sono under 35, giovani che vengono di solito ritenuti non disposti a pagare per leggere notizie.

«È come Spotify - afferma Klopping -, c’è qualcosa di magico quando entri, perché puoi scoprire nuova musica e confrontarti con gli amici. La nostra piattaforma ti aiuta a scoprire contenuti interessanti.

Normalmente chi compra un giornale non legge tutto, legge un articolo o un’intervista specifica. Noi ti aiutiamo a cercarlo».

Gli introiti sono così divisi: il 70% va agli editori, il 30% resta a Blendle. Il ritorno sembra essere interessante, visto che anche Wall Street Journal, Washington Post e The Economist si sono uniti nell’avventura.

«Ora - rivela Klopping - tradurremo l’interfaccia in inglese e vedremo che succede. Non saprei dire se il modello funzionerà in altri Paesi, come gli Usa, lì le abitudini sono diverse. Certo è che gli esperimenti di micropagamenti fatti finora non hanno funzionato, perchè erano fatti male». Invece Blendle ha investito sul proprio software.

«Abbiamo trenta sviluppatori con - scherza - t-shirt nera e barba, che è la loro uniforme. Blendle cambia sempre, lanciamo nuove funzionalità ogni settimana. Insomma - dice tra il serio e il faceto -, il fatto di non avere idea di cosa diavolo fare sta funzionando molto bene per noi».

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