Chimica nei campi. È troppo, ora basta

L'appello è di Giuseppe Visintainer, frutticoltore di Cagnò, che scrive: «Quando gli stessi frutticoltori si lamentano, purtroppo troppo spesso solo tra loro, per la frequenza degli interventi in vicinanza anche delle proprie abitazioni, eseguiti in orari impossibili, in condizioni ambientali estreme vuol dire che la misura è colma e che serve avere più coraggio per ripensare quanto prima l'attuale impostazione produttiva» I tuoi commenti

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Senza nulla togliere all'impegno dei relatori della giornata tecnica sulla frutticoltura delle Valli del Noce, la prima impressione è che non vi sia nulla di nuovo sotto il sole e che, per quanto riguarda il problema ticchiolatura, anche la stagione entrante si apre con un sacco di incognite e molta apprensione. A parte l'intervento di Luisa Mattedi che ha portato elementi di novità illustrando come nella frutticoltura biologica vi siano prodotti e strategie di difesa efficaci, che potrebbero essere prontamente trasferiti anche nella gestione integrata, il resto non lascia presagire nulla di promettente. C'è solo da sperare nella clemenza del tempo, in un decorso stagionale favorevole al frutticoltore già turbato dal pensiero di dover affrontare un'altra stagione come quella appena trascorsa.


Il numero dei trattamenti effettuati nel corso del 2013, che non riportiamo per carità di patria, rappresenta non solo un pesante sforzo sostenuto dal frutticoltore (in termini di impegno personale ed economico e di frustrazione visti i risultati...), ma anche la soglia che non avremmo mai voluto sopportare in materia di garanzie per salute pubblica, rispetto dell'ambiente e della pacifica convivenza. Quando gli stessi frutticoltori si lamentano, purtroppo troppo spesso solo tra loro, per la frequenza degli interventi in vicinanza anche delle proprie abitazioni, eseguiti in orari impossibili, in condizioni ambientali estreme vuol dire che la misura è colma e che serve avere più coraggio per ripensare quanto prima l'attuale impostazione produttiva.


Mi sarei aspettato almeno un intervento sulle opportunità che offrono in questo contesto le varietà ticchiolatura - resistenti, alternativa che per la Val di Non rimane ancora tabù, mentre nelle altre realtà produttive, non solo provinciali, trovano sempre più spazio. Questa di Cles poteva essere l'occasione quanto meno per proporle al vasto uditorio e offrire così una possibile via di uscita rispetto al problema ticchiolatura, vissuto sempre più come un'ineluttabile emergenza. Anche perché i tempi necessari per adeguare gli impianti non sono immediati e il non iniziare fin d'ora a gettare le basi per possibili sviluppi futuri è una grave responsabilità che si sta assumendo chi può orientare gli indirizzi produttivi, cooperazione in primis.


A onor del vero, nell'introduzione della giornata vi è stata un nota di rilievo, forse passata un po' sotto traccia, quando il direttore generale della Fem, dottor Fezzi, ha riferito della costituzione di un gruppo di lavoro composto da rappresentanti del mondo della produzione (cooperazione, sistema vasche…) e tecnici con il compito di ripensare il ruolo e l'organizzazione dell'assistenza tecnica. Fatto che può anche essere inteso come una sconfessione dell'operato dell'attuale dirigenza tecnica e del ruolo svolto dai rappresentanti dei produttori all'interno del Consiglio di amministrazione della Fondazione, molti di questi in altre faccende affaccendati in quanto gravemente affetti da sindrome di Mastrapasqua.


C'è da augurarsi che da questo gruppo di lavoro escano proposte incisive ed efficaci, che non si fermi esclusivamente a ridisegnare superficialmente la situazione attuale, limitandosi a rimescolare le stesse carte, ma che riesca ad incidere in profondità. Si potrebbero prendere in considerazione, come punto di partenza, gli aspetti problematici esposti dagli stessi tecnici di valle nel comunicato apparso domenica 24 novembre sull'Adige: «…ambiente di montagna caratterizzato da difficoltà ambientali, ridotte dimensioni aziendali, elevata frammentazione fondiaria, imprenditori agricoli di età media avanzata, oltre il 50% di addetti part-time…». Oggettive criticità peraltro completamente rimosse e non prese in considerazione nelle relazioni presentate nel corso della giornata.


A queste situazioni avverse aggiungerei anche la progressiva riduzione dei profitti e l'ambizione agri-turistica della valle, che ha portato a forti investimenti anche pubblici, vanificata nelle aree frutticole dall'eccessivo ricorso ai trattamenti antiparassitari che inquietano residenti e turisti.

 

È proprio affrontando queste problematiche che si potrà ridisegnare il futuro dell'agricoltura in valle, che non può ovviamente limitarsi alla sola revisione dell'impostazione del servizio di assistenza tecnica. Occorre prendere in seria considerazione, oltre al necessario miglioramento dell'assetto colturale-produttivo, anche la possibilità operare sul fronte della ricomposizione fondiaria, prevedere nuove forme di gestione collettiva del parco macchine e di conduzione associata per le piccole aziende (asse portante dell'economia agricola) al fine di ovviare ai limiti strutturali dianzi esposti, oltretutto in previsione dell'inevitabile riduzione del sostegno pubblico.


È questo un lavoro in profondità che potrebbe essere affrontato estendendo la composizione del gruppo di lavoro ad altre qualificate professionalità, anche esterne al mondo agricolo, in modo da non sprecare l'occasione. Il tutto per evitare che le emergenze succedutesi negli anni, e che potrebbero riproporsi quanto prima, non ci trovino per l'ennesima volta con l'acqua alla gola.

 

In definitiva bisogna uscire dalla logica perversa del tutto e subito adottata dagli attuali padroni della giostra ed avere capacità e coraggio di programmare ed investire in prospettiva sul lungo periodo, per garantire continuità alle aziende ed evitare di venir relegati nel tempo ai margini del sistema produttivo.


Giuseppe Visintainer
Frutticoltore in Cagnò

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