Tokyo 2020 / La storia

Lucilla, uno splendido bronzo nel tiro con l’arco e il più spontaneo dei coming out

I messaggi di congratulazioni letti in diretta tv dopo la splendida gara sul campo. «E’ di Sanne, è la mia ragazza»

TOKYO. «Lui è un mio caro amico. Lei è Sanne, la mia ragazza». Dopo aver centrato il bronzo nel tiro con l'arco, Lucilla Boari scocca un'altra freccia e va a bersaglio. Il suo, a poche ore dalla prima medaglia di una arciera azzurra alle Olimpiadi ("ne sono fiera") è il più spontaneo dei coming out.

Anzi, neanche un outing: è un'altra era, come ricorda a ritmo costante ogni Olimpiade, rispetto ai tempi delle rivelazioni choc. Basta dire «lei è la mia ragazza», così, naturale, senza bisogno di spiegare e tantomeno di preoccuparsi del giudizio altrui. L

ucilla lo racconta in poche parole e un sorriso inequivocabile, commuovendosi in diretta video dal villaggio con Casa Italia, di fronte a dirigenti e giornalisti, quando le mostrano due messaggi registrati. Il primo dell'amicizia («è Sandro, grande amico e primo tifoso», spiega aggiungendo particolari), il secondo del cuore.. «Hai fatto un grande lavoro, sono orgogliosa di te: ti amo molto», dice Sanne, arciera olandese, chiudendo con «I love you so much».

Lucilla in quel momento non è più il bronzo azzurro Boari, ma semplicemente Lucilla. Nasconde dietro gli occhiali le lacrime, e dice semplicemente: «E' la mia ragazza».

Lucilla non è la prima azzurra, alle Olimpiadi a raccontare il suo amore per una donna. Rachele Bruni prese l'argento della 10 chilometri di nuoto di fondo nella baia di Rio e lo dedicò a «Diletta, contro ogni pregiudizio». Accanto a lei la compagna di vita e i genitori. «Non credo di avere coraggio, e non mi curo del pensiero degli altri», aggiunse.

In quella stessa Olimpiade, Lucilla Boari si adirò per un altro tipo di discriminazione, quando al quarto posto della squadra qualcuno parlò di “medaglia di cartone” delle azzurre “cicciottelle” (fu la definizione di una testata nazionale, con sollevazione del Coni e scuse all’indomani), quasi a confrontarlo con l'atletismo spinto delle altre campionesse. E Lucilla decise di non parlar più con i giornalisti per protesta.

Da quel giorno di anni ne sono passati cinque, e il mondo ha continuato a camminare, tra passi avanti, passi indietro e dispute sulle direzioni da prendere.

L'eco del movimento Lgbt è cresciuto, l'Italia ancora si divide sul ddl Zan e l'Europa litiga sulle leggi dei suoi Paesi.

Lucilla, semplicemente, si è commossa nel rivedere la fidanzata che dovrà aspettare ancora qualche giorno, Lucilla vuole vedere le gare dei compagni azzurri.

La sua dichiarazione d'amore non farà il clamore del coming out di Martina Navratilova nell'81, o di quello di Greg Louganis nel 94. E forse non farà discutere neanche come quello di Tom Daley, il tuffatore inglese che si dichiarò nel 2012 e ancora oggi, al suo primo oro qui a Tokyo, piange perché «è un messaggio per tutti i gay: non siete soli».

Ma Lucilla non voleva far discutere. Voleva solo salutare Sanne.

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