Gli orchi in campo, in Inghilterra scoppia la bufera pedofilia

Gli orchi in campo. Si allarga a macchia d’olio al mondo del football lo scandalo sui sospetti di pedofilia ignorati o insabbiati per decenni in Gran Bretagna in molti ambienti che contano.

Una prima denuncia raccolta dal Guardian, quella di Andy Woodward, ex giocatore di una squadra minore che ad anni di distanza ha avuto il coraggio di puntare il dito contro un allenatore che lo avrebbe abusato da giovanissimo, è stata seguita da diverse altre. L’ultima è stata quella di Paul Stewart, 52 anni, già nazionale inglese con alle spalle una carriera di prestigio in club del calibro di Blackpool, Tottenham, Manchester City e Liverpool: anche lui vittima da ragazzino di un maniaco annidato negli spogliatoi, come ha raccontato al Mirror e alla Bbc, ipotizzando peraltro che le nefandezze di allenatori o dirigenti pedofili possano aver riguardato in totale negli anni «centinaia» di calciatori in erba, fra grandi società sportive e impianti di periferia.

Finora i testimoni usciti allo scoperto sono almeno quattro: Woodoward, cresciuto nelle file Creewe (quarta serie inglese), il suo ex compagno di maglia Steve Walters, e poi - a salire di categoria calcistica, ma a pari classifica di orrori - l’ex Manchester City David White seguito da Stewart. Mentre una linea telefonica appena istituita ad hoc continua a raccogliere denunce a getto continuo: 50 chiamate in poche ore, pare.

Le storie sono diverse, ma unite dal comune denominatore dell’infamia. Di adulti travestiti da maestri di sport o educatori, dietro la cui maschera si celava l’insidia dei predatori di bambini che avrebbero solo voluto giocare a pallone, il volto abominevole dei ladri d’innocenza.

Un fenomeno le che spinge adesso i media a chiedere una commissione d’inchiesta. Anche se il precedente di quella istituita dal governo di Londra per far luce sui molti casi di sospetti pedofili potenti e famosi coperti per anni e anni nel regno da una coltre di omertà e di complicità inconfessabili, non è di gran conforto: sprofondato come è nelle polemiche, nei cavilli, nei sabotaggi d’una parte della stessa stampa, in una girandola di recriminazioni che ha finito per bruciare quattro presidenti in tre anni e per indurre una delle maggiori associazione di vittime a chiamarsi fuori sbattendo la porta.


Paul Stewart da parte sua non ha dubbi: finora è emersa solo la punta di un iceberg di vergogna, nel mondo del calcio e dello sport britannico come in altre realtà. L’ex nazionale, in un’intervista di forte impatto emotivo concessa a Dan Roan, della Bbc, ha raccontato la sua esperienza personale: quattro anni di abusi sessuali e violenze a bordo campo fino all’età di 15 anni. Ma ha anche allargato lo sguardo, dicendosi convinto che sotto traccia il verminaio possa essere quasi un pozzo senza fondo. Secondo lui, dietro i silenzi che il football spesso custodisce, siamo di fronte a uno scandalo della portata di quello che ha scoperchiato post-mortem i misfatti di Jimmy Savile: presentatore e stella della stessa Bbc, ma per tutta la vita anche persecutore feroce, seriale e impunito di bambini. Le sue vittime furono decine. Quelle degli orchi del pallone potrebbero contarsi, insiste Paul, «a centinaia».

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