Nazionale, il dopo-Conte con il duo Lippi-Ventura

L’Italia non è un Paese per vecchi ma il calcio sembra essere un’isola felice avendo attutito la zavorra dell’età. La Premier si inchina all’ex zero tituli 65enne Claudio Ranieri, la serie A la vince in rimonta la Juve anche grazie alle parate del 38enne Buffon, mentre a Roma a furor di popolo viene rinnovato il contratto al 40enne Totti.

La nazionale non fa eccezione: il 73enne presidente Tavecchio supplisce all’addio di Conte (dopo l'imminente Europeo francese) richiamando alle armi il padre nobile Marcello Lippi, plurivincitore con la Juve e campione del mondo 2006, nominandolo a 68 anni direttore tecnico azzurro.

Ma Lippi non sarà da solo: agirà da coordinatore e in panchina probabilmente andrà un tecnico di sua fiducia, e che gode di stima unanime come maestro di giovani (pur non avendo mai vinto nulla, salvo alcune onorevoli promozioni in serie A), il pari età Ventura.

Una scelta meditata per la quale ha prima ottenuto l’ok del viareggino e poi il suo gradimento sull’opzione Ventura (con il quale Tavecchio si dovrebbe incontrare martedì o mercoledì prossimo).
Per l’Italia che verrà dunque si sta delineando una coppia tra un toscano e un ligure che hanno vissuto le pagine migliori delle loro lunghe carriere sulle due sponde di Torino. Uomini di mare, il viareggino Marcello e il genovese Giampiero, diversi per carriera e allori da giocatori e allenatori, uniti dalla ‘libidinè per il pallone, come ha definito quest’ultimo la passione infinita per il profumo del campo di gioco.

La loro - se la realtà confermerà le aspettative - sarà una cogestione affidata alla competenza e alla saggezza, e tutti sperano che regali i risultati dell’altro binomio che ha scritto la storia della nazionale, quello tra Fuffo Bernardini e il Vecio Bearzot, a metà degli anni ‘70. Curiosamente ci sono alcune coincidenze che legano come un filo invisibile la doppia coppia. I coetanei Lippi e Ventura sono cresciuti nella Sampdoria, Lippi (campione del mondo come Bearzot) è stato lanciato come difensore elegante e promettente in blucerchiato proprio da Fulvio Bernardini e parlava così del suo maestro «Mi ha sempre colpito una sua qualità, la capacità di imporre la sua personalità senza annullare quella degli altri».

Conte, già sostituito da Ventura al Bari, fa gli scongiuri: in genere la cogestione si attua in tempi di crisi, stavolta invece precede l’esito della manifestazione, gli europei in Francia.
Nel 1974 l’Italia viene dal disastro di Valcareggi in Germania col gruppo ‘messicanò a fine ciclo, il vaffa di Chinaglia, gli eterni duellanti Mazzola e Rivera utilizzati insieme dopo i tempi della staffetta. Dopo il tonfo e l’addio di Valcareggi il miglior presidente della storia federale, Artemio Franchi, sceglie un uomo fuori dal coro, Fulvio Bernardini: impareggiabile giocatore (escluso dai trionfi mondiali da Pozzo per la bravura e la forte personalità), in panchina vince due scudetti a Firenze e Bologna lontano dal cerchio magico Milano-Torino. Ama i ‘piedi buonì e il bel gioco, è abile tatticamente e ha carisma da vendere, ma è fuori della mischia e ha un’età adulta , 68 anni (un’altra coincidenza con Lippi e Ventura).

Fa tabula rasa dei vecchi mostri sacri, convoca frotte di giocatori, lancia Antognoni, Rocca, Gentile, Graziani, rivoluziona l’ingessato ambiente della nazionale, ha un rapporto conflittuale con la stampa. Deve ricostruire, per cui i risultati sono modesti e la Figc decide di affiancargli un tecnico friulano di formazione granata, Enzo Bearzot. Entrambi colti e preparati, hanno un carattere opposto. Bernardini semina, dopo un anno viene affiancato da Bearzot, la qualificazione agli europei è in fumo, procedono insieme due anni gettando le basi per la qualificazione ai mondiali.

Fuffo lascia a giugno 1977 stanco, e malato e Bearzot prosegue bene il lavoro privilegiando il gruppo, i giocatori eclettici raccogliendo il quarto posto in Argentina e il titolo mondiale in Spagna nel 1982. Ma a questi successi ha contribuito anche Bernardini tracciando la strada.

Lavorare insieme in azzurro non è facile: ne sanno qualcosa le commissioni tecniche che hanno retto la nazionale prima e dopo il ventennio iridato di Vittorio Pozzo comprendendo ex campioni come Meazza, Piola e Foni e dirigenti come Viani e Pasquale. Negli anni ‘60: il binomio Mazza e Ferrari ha guidato l’Italia che si andò a schiantare sulle polemiche del mondiale cileno.

Dopo la disfatta coreana di Edmondo Fabbri nuova coppia: Helenio Herrera e Ferruccio Valcareggi al timone per poche partite, poi guida solitaria e pacioccona di Zio Uccio.
Insomma, la coppia non sempre produce i risultati di Bernardini e Bearzot ma Lippi e Ventura hanno l’esperienza giusta per evitare di entrare in rotta di collisione.

«Non abbiamo la qualità che hanno le altre squadre, ma questa è una questione di cicli, però sono convinto che faremo bene», osserva Claudio Ranieri, parlando della Nazionale in vista dei prossimi Europei in Francia.
«Credo che Conte lo abbia detto molto chiaramente: ci sarà da soffrire però il gruppo c’è e questa è la cosa più importante.
Con il gruppo e con l’unione si possono fare grandi cose», ha aggiunto il tecnico del Leicester uscendo dal Quirinale dove è andato in scena il cocktail che anticipa la Festa della Repubblica.

Ultima battuta sul probabile investimento a ct di Giampiero Ventura per il dopo-Conte: «Come lo vedo? Ottimo», la chiosa di Ranieri.

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