Giannelli, il giovane fenomeno che non si monta la testa

di Guido Pasqualini

Se ti trovi davanti un diciannovenne che ha vinto lo scudetto con il premio da mvp nelle ultime due partite della serie di finale, ha conquistato la qualificazione alle Olimpiadi con il secondo posto in Coppa del Mondo e vinto il bronzo agli Europei con il premio da mvp come palleggiatore, pensi di doverti confrontare con un ragazzo minimo minimo un po’ presuntuoso. Ma se Simone Giannelli può vantare già questo palmares, è proprio perché è un giovane umile e forte, sì fisicamente ma ancor più nella testa. Saggio nelle scelte in campo, ma anche nelle risposte davanti al registratore del giornalista. Pronto a continuare gli studi perché «la pallavolo un giorno o l’altro finirà e allora dovrò trovarmi un lavoro». Uno fin da piccolo abituato da papà Paolo, maestro di tennis, a lavorare duro, non accontentarsi mai e guardare sempre avanti. «C’è ancora molto da fare», è il refrain con cui Giannelli conclude quasi ogni risposta. A 19 anni difficile dargli torto. Bello che lui per primo se ne renda conto.

Simone, partiamo dalla fine. È più la soddisfazione per il bronzo europeo conquistato o il rammarico per la semifinale persa a sorpresa contro la Slovenia?
«Inutile nascondere, il rammarico c’è perché eravamo un bel gruppo che sapeva di poter far bene. Abbiamo sbagliato partita, sia come approccio sia come tattica. Ci hanno messo subito sotto e non siamo più riusciti a reagire. Non eravamo noi, c’era un po’ di pressione. Volevamo forse fare troppo. Loro sono stati bravi ma è stata più colpa nostra. Poi comunque vincere una finale, anche se per il terzo posto, è sempre bello. A inizio estate nessuno avrebbe pensato che avremmo potuto ottenere risultati simili».

Che sensazioni si provano a essere il giocatore più giovane degli Europei e venir premiato come miglior palleggiatore della rassegna?
«Non ci faccio tanto caso. So benissimo che c’erano palleggiatori più forti di me, come il francese Toniutti o il polacco Drzyzga. Certo, il riconoscimento fa piacere ma avrei preferito vincere l’oro con la squadra».

È stata un’estate tutta vissuta all’insegna della pallavolo. Cosa ti ha lasciato?
«A livello umano tanto perché il gruppo era molto bello e affiatato e ho appreso molto dai giocatori più esperti di me. Anche a livello tecnico ho imparato tanto, perché avevo un allenatore diverso e sono stato sostenuto dal gruppo con grandi campioni come Ivan, Osmany e Pippo. E giocando così tante partite in tempi ristretti, un po’ di esperienza in più l’ho di certo accumulata».

L’anno scorso nella Diatec, almeno a inizio stagione, hai giocato poco. Mordevi il freno?
«No, affatto, era giusto così. Lukasz (Zygadlo, ndr) è un giocatore d’altissimo livello. Stavo lì ad aspettare, cercando di apprendere tutto il possibile da lui e di farmi trovare pronto quando serviva. Lui meritava di giocare».

Che ulteriori obiettivi può porsi un ragazzo che a 19 anni è titolare nel club scudettato e della propria nazionale?
«Infiniti, ci sono ancora tantissime cose da fare, fino ad adesso ho fatto poco. Ho appunto solo 19 anni, tanto da imparare, da fare e da vincere».

Quest’anno è arrivato anche il diploma di maturità al liceo delle scienze applicate allo sport di Bolzano (67/100 il voto). Proseguirai gli studi?
«Certo, mi sono iscritto a Scienze dell’alimentazione, una facoltà telematica con sede a Roma e la possibilità di fare gli esami a Milano. Proverò a darne alcuni ogni anno».

Al di là della pallavolo, quali sono i tuoi interessi?
«Mi piace tanto imparare, ho scelto di fare università proprio per questo motivo. La pallavolo un giorno o l’altro finirà e bisognerà inventarsi qualcos’altro. Studiare mi piace, basta che non siano materie ostiche come la matematica».

Ora tutti si interessano al fenomeno Giannelli: che effetto provocano la pressione mediatica e l’attenzione della gente?
«Mi danno piacere, non certo fastidio. Io sono tranquillo, sto con i piedi per terra, so benissimo come mi devo comportare».

Hai detto di sentirti un privilegiato.
«Lo confermo, faccio la cosa che mi piace di più in assoluto ed è pure il mio lavoro: stare in palestra, fare pesi, giocare in palestra è  divertente».

Guardi sempre avanti, al prossimo allenamento, alla prossima partita. È la «catechesi» di Stoytchev?
«Anche mio padre mi ha sempre ripetuto questi concetti. Il passato è passato e si deve sempre guardare avanti per rendere il futuro una cosa bella».

Passato, presente e futuro. L’anno scorso la tua fidanzata, Ariana Pirv, giocava a Trento con la Delta, ora è a Soverato, in Calabria. È dura?
«Eh (sospira, ndr), è un peccato. Sarà più difficile ma noi siamo insieme e ci proviamo».

Finora qual è stata la persona determinante per la tua carriera?
«La mia famiglia, sia mio padre che mia madre. Mi hanno sostenuto tantissimo, portandomi avanti e indietro agli allenamenti e tenendomi con i piedi per terra».

Torniamo al campo. La Diatec è rinnovata, sarà difficile trovare presto l’intesa?
«Un po’ di tempo ci vorrà, ma sono arrivati giocatori molto forti. Io mi adeguerò un po’ a loro e loro faranno altrettanto con me».

L’altro palleggiatore è Bratoev, titolare nella Bulgaria. La concorrenza fa paura?
«No, mi stimola. È molto bravo, mi farò dare dei consigli. Mi hanno detto che è un bravo ragazzo ed è vero, lo si vede. Sono davvero contento».

Sabato a Modena c’è subito in palio la Supercoppa.
«Ci sarà un pubblico infernale, vorranno questa vittoria a tutti i costi considerato che hanno chiesto e ottenuto di giocare in casa. Ma noi non abbiamo paura. Vincerà la squadra che avrà più voglia di vincere».

Chi toglieresti a Modena?
«Toglierei il palleggiatore. Bruno è veramente fortissimo».

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