Serena Williams sul trono di Parigi al 20° Slam La ceca Safarova lotta ma crolla nel terzo set

Un film dal finale già scritto. Conoscendo Serena Williams non ci potevano essere dubbi: una volta arrivata in finale, non si sarebbe mai lasciata sfuggire il trofeo. Influenza, febbre o raffreddore sarebbero guariti d'incanto alla prospettiva di mettere in bacheca il 20° Slam. E così è stato. Williams protagonista, ma Safarova più che degna comprimaria.

È finita 6-3 6-7 (2) 62 per Serena, che ha messo a segno la nona vittoria in altrettante sfide con la ceca. La Williams ha così conquistato il suo terzo titolo al Roland Garros, dopo quelli del 2002 e del 2013, ed il 67°complessivo.


Ancora una battaglia per l'americana, l'unica a trionfare dopo aver lasciato per strada ben cinque set. Nel corso del torneo era dovuta ricorrere al terzo set (sempre dopo aver perso il primo) contro la tedesca Anna-Lena Friedsam (secondo turno), la bielorussa Victoria Azarenka (terzo turno), la connazionale Sloane Stephens (ottavi) e la svizzera Timea Bacsinszky (semifinale).

La cronaca. Contro la Safarova, alla sua prima finale Slam in carriera (per l'americana è la 24esima...), il break arriva già nel quarto gioco del primo set, ed alla Williams basta controllare l'avversaria per archiviare il primo parziale. Nella seconda frazione Serena ha tutta l'intenzione di fare alla svelta e gioca un primo game da paura strappando la battuta a Lucie. In un niente la ceca si ritrova dotto 1-4, con Serena che ha due chance per il 5-1: parte la rimonta e, complice qualche doppio fallo e qualche errore di troppo dell'americana, prima la riagguanta sul 4 pari e poi passa addirittura a condurre per 5-4, infilando cinque giochi di fila. La Williams caccia un paio di urlacci e si rimette i carreggiata: sale 6-5 con break ed arriva a due punti dal match prima che due dritti da antologia della Safarova la costringano al tie-break. Lucie, che nel corso del torneo ha vinto tutti e cinque i tie-break che ha disputato, vola 3-0, poi 4-1 e poi chiude per 7 punti a 2. La terza frazione si apre con un break della Safarova che poi sale 2-0: Serena reagisce ed infila un parziale di sei giochi di fila, tanto per ribadire le gerarchie. Lucie esce dal "Philippe Chatrier" a testa alta, Serena esce ancora una volta vincitrice. Come da copione.

Grazie al suo terzo successo al Roland Garros la Williams è salita - come detto - a quota 20 Slam, staccando Helen Wills Moody (19). Nella speciale classifica occupa ora il terzo posto, preceduta soltanto da Steffi Graf (22) e Margareth Court (24). Ma se Patrick Mouratoglou riesce a tenerla concentrata ed in forma per un altro paio di stagioni - anche se il prossimo 26 settembre compirà 34 anni - non è detto che il record non possa essere ritoccato. Del resto il coach/fidanzato francese le ha insegnato a studiare anche il gioco delle avversarie e soprattutto a vincere pure quando non è in condizioni ottimali. Ed a Parigi la Williams ne ha offerta una prova più che convincente. Spaventosa la sua media nelle finali major: ne ha giocate 24 perdendone solamente 4: sono riuscita a batterla in una finale Slam solo Venus (agli Us Open del 2001 ed a Wimbledon 2008), Maria Sharapova (Wimbledon 2004) e Sam Stosur (Us Open 2011).

Si è scrollata di dosso l'etichetta di "magnifica perdente" Lucie, rendendo finalmente giustizia in questa stagione - la migliore di sempre per lei - al suo tennis da prima della classe. Merito anche di Rob Steckley, il coach canadese che la segue da qualche tempo. Adesso, con la finale raggiunta al Roland Garros, tra l'altro senza perdere un set, c'è da giurare che tutte la prenderanno sul serio. Certo, di tanto in tanto la "vecchia" Safarova piena di timori e paure torna a farsi viva ma la "nuova" Lucie non le da spazio più di tanto. Una marcia imperiosa quella della 13esima testa di serie: la russa Pavlyuchenkova e la giapponese Nara per scaldarsi, la tedesca Lisicki per cominciare a fare sul serio prima di eliminare negli ottavi la "signora del rosso" Maria Sharapova, vincitrice di due delle ultime tre edizioni del torneo. Ancora nei quarti la vittoria sulla spagnola Muguruza - una che il Roland Garros se continua a migliorare prima o poi lo vince - fino alla prova di maturità contro la Ivanovic, un'altra ex campionessa del major parigino. Poi è arrivato lo stop contro Serena, ma l'americana è davvero la più forte di tutte.
Lucie si consola con l'ingresso, per la prima volta in carriera, tra le top-ten: da lunedì andrà ad occupare la settima poltrona. E poi per lei - prima giocatrice dopo Sara Errani nel 2012 qualificata sia per la finale del singolare che per quella del doppio - c'è ancora un trofeo parigino da provare a conquistare: domenica, in coppia con statunitense Bethanie Mattek-Sands sfiderà per il titolo l'australiana Casey Dell'Acqua e la kazaka Yaroslava Shvedova.

Per la prima volta nel torneo, ma probabilmente dall’inizio dell’anno, Novak Djokovic ha vacillato. Ce l’ha fatta, è in finale al Roland Garros, ma ha tremato. E probabilmente lo hanno salvato l’oscurità di ieri sera e la sospensione della sfida con Andy Murray sul 3-3 del quarto set dopo tre ore e sette minuti. Nella prosecuzione ha ceduto anche il quarto parziale spedendo out un diritto che ha consegnato al rivale il break del 6-5 e poi un altro che gli ha consegnato anche il set. Tutto rimandato al quinto, in cui però Nole non ha concesso più nulla a Murray. Lo scozzese ha fatto quel che ha potuto difendendosi strenuamente, aiutato anche dagli enormi out del centrale parigino, adatti a recuperi strepitosi. Troppo difensivo però Andy, che avrebbe dovuto avere più coraggio e soprattutto lucidità dopo aver riaperto un match che ieri dopo i primi due set sembrava irrimediabilmente compromesso. Insomma avrebbe dovuto prendere l’iniziativa e non aspettare l’errore dell’avversario, Impressionante, invece, il sangue freddo del serbo nel set decisivo: 3-0, 4-1, 5-1 e 6-1 senza rischiare più nulla: 63 63 57 57 61 dopo quattro ore e nove minuti complessivi.
Contro Murray ha colto la sua 28esima vittoria consecutiva, la 16esima della stagione contro un top ten (l’unica sconfitta a Dubai contro Federer lo scorso febbraio).

La semifinale contro lo scozzese sembrava essere diventata una formalità: fino al 63 63 5-5 il serbo era padrone assoluto del campo, il “cannibale” capace in questa prima metà della stagione di vincere gli Australian Open e tutti e quattro i Masters 1000 ai quali ha partecipato (Indian Wells, Miami, Monte Carlo e Roma). Un’esecuzione più che una sfida, almeno nelle prime due ore e mezza.

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