«Mi sacrifico per sfondare»

di Chiara Turrini

Dicono che è un campioncino, un "predestinato" del calcio di Domani. Ma lui quasi non se ne cura. Andrea Pinamonti , nato il 19 maggio 1999, di Tassullo, è in realtà più impegnato a mantenere i risultati ottenuti finora, districandosi tra allenamenti, studio e vicissitudini tipiche di un ragazzo che va per i 16 anni, anche se per atteggiamento, parole e fisico lo si potrebbe già definire giovane adulto. Andrea è arrivato mercoledì ad Arco con la sua Inter per partecipare al Torneo Beppe Viola.
Com'è andato il viaggio?
«Un po' lungo ma ci sono abituato ormai».
Facevi la spola Tassullo-Verona.
«Sì. L'Inter mi aveva visto ad un torneo, giocavo ancora con la Bassa Anaunia, ma prima dei 14 anni non potevo trasferirmi fuori regione. Così sono stato in prestito al Chievo, e per 5 anni ho fatto avanti e indietro. Questo è il secondo anno di convitto a Milano. Mi trovo bene, anzi vorrei ringraziare la società, dai tecnici allo staff, al mister, mi accompagnano nella crescita non solo sportiva».
Com'è stare in convitto?
«Prima ero abituato ai viaggi lunghi, in convitto è meglio perchè è tutto vicino, senza tragitti di ore per allenarsi. Poi ci sono tanti ragazzi da tutta Italia. Ho fatto amicizie, le annate vanno dai 1998 ai 2000. Siamo molto uniti perché nella stessa situazione, a volte sentiamo la mancanza di casa e questo ci unisce, ci dobbiamo aiutare a vicenda. Durante l'allenamento si dà il massimo per avere il posto da titolari in partita ma fuori torniamo amici».
La tua giornata tipo?
«La mattina mi alzo alle sette. Colazione e poi treno per andare a scuola. Ragioneria privata. Finisco alle 12.30. Pranzo, e mezz'ora di riposo. Alle 14.30 al centro sportivo Interello con il pullman. Dalle 15.30 alle 17.30 allenamento. Poi torniamo al convitto: studio, cena e poi televisione, biliardino, playstation».
Niente Facebook.
«Noooo. Sto con gli amici, è più bello divertirsi insieme! Anche quando ascoltiamo musica, sempre con i miei compagni: abbiamo le casse, non è che stiamo da soli sul letto con gli auricolari».
I tuoi coetanei fanno una vita molto diversa.
«Le poche volte che torno a casa cerco di tenere i rapporti con gli amici. Fanno un'altra vita, scuola e divertimento, senza impegni sportivi, altri ritmi... Non hanno le stesse regole. Ma io sono più contento della mia».
C'è molta disciplina.
«Com'è giusto che sia. Portiamo una maglia importante, dobbiamo comportarci per esserne all'altezza. La disciplina è forse la cosa più importante oltre l'aspetto calcistico».
Ti vedi più come uno che fa sacrifici o un privilegiato?
«Un po' tutti e due. Sicuramente tanti sacrifici, non è facile fare 5 anni avanti e indietro da Verona, non tutti possono reggere. Ma anche un privilegiato, questa che mi è stata offerta è una grande opportunità, la voglio sfruttare al meglio. Però sì, direi tanti sacrifici. Anche lo stare lontano da casa. Parlandone con i miei amici sento che non tutti sarebbero disposti a questa età ad andare via per tutto l'anno».
La tua famiglia?
«Papà direttore di banca, mamma in azienda con gli zii. Una sorella più grande che vive in Australia dopo aver cominciato l'università a Milano. I miei erano contenti perché quando venivano in città potevano vedere tutti e due. Ora mi seguono tutte le domeniche, vengono a vedermi. Sono molto grato a loro».
Come reagisci quando ti dicono che sei bravo?
«Non bisogna montarsi la testa. Restare umili ti fa andare avanti. Non pensare che sei già arrivato, questo è solo un punto di partenza. Lavorare allenamento su allenamento per vincere la domenica. Gli articoli, certo, fanno piacere, i miei genitori li tagliano e li tengono, a volte li riguardiamo ma guai sfoggiarli come fossero qualcosa in più».
Sei stato convocato anche in Nazionale.
«Un orgoglio personale. La prima volta, l'anno scorso, non pensavo neanche di essere convocato, è stato qualcosa di speciale. Soddisfazioni che rimangono per sempre. Tanti si montano la testa dopo una convocazione in Nazionale, alcuni trascurano il club. Io invece tengo molto a entrambi, mi permettono diversi confronti e momenti di crescita. Per di più io sono da sempre un tifoso dell'Inter... tra i miei sogni c'è quello di giocarci, un domani».
Te lo saresti mai aspettato?
«Da piccolo vedevo la serie A lontana anni luce. Solo in tv. Anche adesso siamo lontani anni luce, ma questo è almeno un punto di partenza».
Cosa diresti ai ragazzi come te che hanno un sogno ambizioso?
«Massima costanza e sacrifici per ottenere quello che si vuole. Mai arrendersi. anche se ci sono periodi brutti. Sempre crederci. E poi arriveranno le soddisfazioni».

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