L'Erasmus compie 30 anni Da Trento partiti in 7.000

di Matteo Lunelli

In un momento storico nel quale nascono muri, nel quale l’Europa è contestata, nel quale accoglienza è sinonimo di polemiche, nel quale viene approvata la Brexit, nel quale le culture diverse spaventano, c’è un progetto che compie 30 anni e che rappresenta, se vogliamo, un antidoto a tutto questo. È l’Erasmus, acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students. Il programma di mobilità studentesca dell’Unione europea, creato nel 1987 e divenuto tanto importante da dare addirittura il soprannome a un’intera generazione, la «generazione Erasmus» appunto, ha visto la partecipazione in trent’anni di 850 mila ragazzi italiani e quasi 7.000 (6.964 per la precisione) trentini.

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L’Università di Trento ha da subito creduto e partecipato al progetto, crescendo negli anni sia a livello numerico sia a livello di impegno organizzativo. Se nel 1988, primo anno di partecipazione dell’Ateneo cittadino, partirono 10 studenti iscritti a UniTn (i cosiddetti «outgoing»), l’anno scorso siamo saliti a quota 496. A Trento, invece, in trent’anni (in realtà ventinove) sono arrivati 3.500 studenti da ogni angolo del mondo, i cosiddetti «incoming». Ma il progetto è molto di più di qualche numero e, ci scuseranno rettori e docenti universitari, di qualche esame o di qualche credito. L’Erasmus è un infinito contenitore di storie di vita: tornando ai numeri, oltre 9 milioni di storie, visto che tanti sono gli studenti che in ogni angolo del mondo hanno caricato una valigia di sogni (e libri e vestiti) e sono partiti alla volta di una città «sconosciuta» e di nuove persone «sconosciute». Persone che poi, in realtà, si sono conosciute molte bene: è stato calcolato che dal 1987 almeno 1 milione di bambini sia nato da coppie che si sono dette per la prima volta «Piacere, mi chiamo... » proprio in Erasmus. E questo è un numero spiega bene, benissimo, l’integrazione fra i giovani studenti. 

Al termine dell’esperienza, sia «outgoing» sia «incoming» lasciano all’Università una sorta di questionario. Da questo emerge che l’Erasmus è servito al 93% dei ragazzi per «avere maggiore indipendenza nello studio ma anche nella vita di tutti i giorni». Per il 90% i mesi all’estero sono stati utili per migliorare le proprie capacità di «problem solving», ovvero trovare soluzioni in situazioni complicate. Tornando al Trentino, le mete preferite dagli studenti iscritti a UniTn sono quelle più classiche, ovvero Germania, Spagna e Inghilterra. Dal 2007 al 2014 sono stati in facoltà di lingua tedesca 505 persone. A seguire la Spagna con 484, poi il Regno di Sua Maestà scelto da 247 giovani. Ma non mancano gli Stati più singolari, come Estonia, Romania, Lussemburgo e Norvegia. In crescita, oltre a Paesi Bassi e Francia, ci sono le nazioni extra Unione Europea, in particolare la Cina e gli Stati Uniti. I dipartimenti più attivi, ovvero quelli che permettono al maggior numero di ragazzi di intraprendere il periodo di mobilità all’estero (dai 3 ai 12 mesi all’interno di ciascun ciclo di studi a partire dal secondo anno) sono Economina, Giurisprudenza, Lettere e Ingegneria. Per quanto riguarda, invece, gli «incoming», a Trento ci sono soprattutto spagnoli e tedeschi. I dati, che si riferiscono sempre al periodo 2007/2014, parlano di 390 studenti dalla Spagna, 187 dalla Germania, 121 dai Paesi Bassi e 111 dalla Polonia. I dipartimenti più attrattivi sono Economia, Ingegneria, Giurisprudenza e Lettere.  

Abbiamo detto dell’esperienza di vita, dell’imparare una lingua, dell’integrazione, della socializzazione e degli esami da sostenere. Tutto questo, ovviamente, ha un costo. I ragazzi hanno necessità di un appartamento, di fare la spesa, di muoversi e questo, ovviamente, va pagato. La borsa di studio messa a disposizione dall’Università di Trento è di 400 euro al mese: 280 arrivano dall’Unione Europea, il resto è un’integrazione a carico dell’Ateneo. Gli studenti, o meglio le loro famiglie, dovranno quindi, anche a seconda delle esigenze del pargolo, mettere mano al portafogli, ma una buona base di partenza c’è, per tutti.

LA COPPIA 

Inevitabilmente l’Erasmus lo ricorderanno per tutta la vita: grazie, anche, al progetto dell’Unione Europea, Marco Bianchi, trentino di 32 anni, e Natalia Kolanowska, polacca di 27 anni, si sono prima conosciuti, poi innamorati, poi sposati e infine, nove mesi fa, sono diventati anche mamma e papà. Il piccolo Filip Bianchi Kolanowski («Abbiamo voluto dargli un nome europeo e il doppio cognome, ha la cittadinanza sia italiana sia polacca») fa quindi parte di quel milione di bambini in tutto mondo nati da coppie conosciutesi grazie al programma di scambio.

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«Io studiavo a Sociologia - racconta Bianchi - e ho iniziato a fare il volontario a Esn: ho iniziato a frequentare l’associazione per imparare le lingue, poi ho scoperto che era divertente e permetteva di conoscere molte persone nuove».
E un giorno a Trento arriva anche una ragazza polacca, Natalia. «Ci siamo conosciuti a Esn, ma all’inizio eravamo solo amici. Lei era iscritta a Sociologia, ma non in Erasmus, era una studentessa straniera a Trento».
La giovane di Cracovia, poi, in Erasmus ci andrà. Destinazione Slovenia. «Quando è tornata ci siamo rivisti ed è scattato qualcosa. Nel 2012 ci siamo fidanzati».
«Sono venuta in Italia - aggiunge Kolanowska - per imparare l’italiano: non volevo stare qui solo sei mesi con l’Erasmus, così mi sono iscritta direttamente, senza passare attraverso il progetto di scambio. Poi al ritorno dalla Slovenia, è scoccato il colpo di fulmine».
Il matrimonio è avvenuto un anno fa: prima a Trento, in stile tirolese, poi in chiesa a Cracovia. Oggi lui lavora per uno studio di ingegneria, mentre la neo mamma, dopo la laurea triennale, il 7 marzo discuterà la tesi.
«Natalia si trova bene qui, le piacciono le montagne e l’aria pulita, ma a volte le manca stare in una grande città. Stiamo anche valutando di vivere in un posto più grande e “aperto”: ci piacerebbe trasferirci all’estero, magari a Vienna, che è a metà strada tra Trento e Cracovia. Intanto pensiamo al piccolo Filip: lei gli parla in polacco, io in italiano. Ma poi imparerà inglese e tedesco, che noi parliamo bene».

ESN TRENTO 

Un supporto, concreto, a tutti gli studenti stranieri che arrivano a Trento per trascorrere il proprio periodo di Erasmus. È Esn, Erasmus Student Network, un’associazione attiva a Trento da 25 anni: «La sezione della città è tra le sette sorelle che hanno fondato Esn Italia», spiega Valentina Presa, ex presidente dell’associazione trentina e ora presidente di quella nazionale. «A Trento siamo abbastanza piccoli, ma questo ci permette di conoscere bene tutti i ragazzi e di aiutarli quotidianamente. Siamo una vera famiglia e non è un caso che più di una famiglia sia nata tramite Esn».
Ma qual è questo aiuto concreto?
«Un ragazzo che arriva a Trento e che vive a centinaia di chilometri di distanza ha bisogno di tante informazioni. C’è la parte logistica, ovvero l’appartamento, dove si trovano i supermercati, come muoversi in città e, soprattutto quale operatore telefonico scegliere, preferendo sempre quello che offre più giga per internet, visto che ormai si può anche telefonare a casa gratuitamente se si ha una buona connessione. Poi c’è la parte accademica: come è quel tale professore, quale corso è più difficile, come farsi riconoscere gli esami. Ecco, noi aiutiamo in tutto questo».
Senza dimenticare, ovviamente, la parte più ludica, perché non solo di casa ed esami si nutre l’uomo. A raccontarci è l’attuale presidente della sezione trentina. Ma, come intuirete dal nome, non si tratta propriamente di un trentino doc: Miguel Ángel Palacio Vilchez.
«Sono spagnolo, di Granada. Mi sono innamorato di Trento due anni fa, quando sono arrivato per l’Erasmus. Poi sono rimasto: all’inizio mi sentivo un po’ perso in una città piccola, senza la movida che c’è a Granada. Ma poi ho conosciuto la città e le persone e ho deciso di restare. Ora sto completando la magistrale in ingegneria civile».
La movida, dicevamo. A Trento è pensiero comune ritenere ce ne sia ben poca.
«Ma qualcosa da fare lo si trova sempre. Oltre alla parte logistica e burocratica, diamo una mano anche nell’inserimento, con feste, incontri, tandem linguistici, visite alla città e tante attività sportive. Abbiamo organizzato gite a Bologna, Firenze, Roma, poi c’è il mitico Esnow, che quest’anno compie 18 anni, ed è un weekend sulle nevi di Folgaria con 400 partecipanti».
Miguel conferma che le domande, i dubbi, le problematiche, in fin dei conti, sono le stesse per tutti.
«L’appartamento prima di tutto. Poi i mezzi di trasporto e il telefono. Poi dove andare la sera: i locali più frequentati dagli Erasmus sono il Baccus, L’H-demia e la Cantinota, ma anche molti altri».
Per il presidente trentin-spagnolo, che in questi anni ha incontrato centinaia di ragazzi stranieri, gli stereotipi sono tutti veri. «Se c’è da fare festa in prima linea troviamo spagnoli, irlandesi, greci e, ovviamente, italiani. I tedeschi tendono a fare gruppo tra loro, sono molto attenti a spostarsi in bicicletta e chiedono della raccolta differenziata. Gli scandinavi vengono per lo sport: sciano e amano stare in montagna. C’era uno svedese amante del trekking che faceva centinaia di chilometri ogni fine settimana sulle Dolomiti».

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IL PROFESSORE

[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"1555356","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"480","style":"float: right;","width":"480"}}]]«Abbiamo margini di crescita ulteriori, sia per mandare all’estero i nostri studenti, sia per attirarne qui a Trento: chi decide di iscriversi alla nostra Università ha ottime possibilità per trascorrere un periodo di formazione e studio in Europa e nel mondo, mentre chi arriva trova una città bella e accogliente». A parlare è il professor Maurizio Marchese, prorettore allo sviluppo internazionale dell’Università di Trento, che conosce e segue da vicino il progetto Erasmus. Progetto che spesso ha la faccia dei ragazzi con zaino in spalla e valigia in mano, ma che necessita anche di un grande lavoro organizzativo e istituzionale da parte degli atenei di tutto il mondo.
L’attività burocratica da parte degli atenei è incessante?
«Facciamo rete con circa trecento università a livello internazionale: si tratta di rapporti nati e cresciuti negli anni e che necessitano di continui contatti, ad esempio per quanto riguarda le procedure di riconoscimento delle esami. Nel tempo queste sono diventate molto più rapide e anche per questo credo potremmo essere in grado di aumentare ancora i nostri numeri».
I dati parlano di 7.000 studenti in uscita (non tutti trentini, ma iscritti a UniTn) e 3.500 in entrata: perché questa differenza?
«Il divario è legato alla lingua: adesso abbiamo aumentato l’offerta di corsi in lingua inglese e quindi ci aspettiamo un incremento degli studenti che scelgono Trento come meta del proprio Erasmus. Comunque i numeri in questi anni sono cresciuti in maniera eccezionale: nel 1988 siamo partiti con 10 ragazzi, adesso ne partono circa 500 ogni anno».
E dove preferiscono andare gli studenti iscritti a UniTn?
«I Paesi più gettonati sono Spagna, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Francia. Ma sono in crescita le domande per i Paesi extra Unione Europea, soprattutto Russia, Cina e Stati Uniti. Nel Paesi non europei, grazie al programma Erasmus+, abbiamo 41 partner in venti Paesi diversi, ovvero Israele, Russia, Cina, Filippine, Thailandia, Vietnam, Mongolia, India, Brasile, Cile, Messico, Paraguay, Sud Africa, Australia, Canada, Giappone, Nuova Zelanda, Singapore, USA e Armenia. Per quanto riguarda l’Europa, invece, abbiamo 300 università partner in 20 Paesi diversi».
Quali sono le motivazioni che spingono i ragazzi a fare l’esperienza all’estero?
«L’aspetto più importante, oltre a quelli ovvi di esami e lingua, sono le cosiddette soft skills, le competenze trasversali: sapersi organizzare, adattare, risolvere i problemi, essere aperti. Questo è molto apprezzato anche nel mondo del lavoro: le aziende, a parità di curriculum, sono propense a scegliere il candidato che è stato in Erasmus».
E perché uno spagnolo o un tedesco scelgono Trento?
«Dai questionari sappiamo che apprezzano soprattutto il territorio, la bellezza della città, delle montagne, dei laghi. E poi i servizi, che da noi sono tanti e ottimi, e la qualità della didattica. Tutto questo, poi, è marketing per UniTn, perché con il passaparola a livello internazionale si parla bene del nostro Ateneo. Inoltre c’è l’aspetto dell’internazionalizzazione fatta in casa: anche gli studenti che non vanno in Erasmus possono avere in aula ragazzi stranieri e parlare la loro lingua».

 

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