Cancro al colon-retto: 400 casi ogni anno

di Patrizia Todesco

«Nelle zone dove lo screening è partito prima, in Toscana ad esempio, ma anche negli Stati Uniti, si è visto che si è ridotta significativamente la mortalità per cancro al colon. In pochi anni ci si aspetta di vedere questa riduzione anche in Trentino. Non solo diminuirà la mortalità ma anche l’incidenza considerato che oggi riusciamo a togliere molti polipi prima che diventino tumori».

Il dottor Giovanni de Pretis, primario di gastroenterologia e direttore del dipartimento di chirurgia dell’Azienda sanitaria, è soddisfatto dei dati provinciali sull’adesione alle screening anche se non tutti i trentini, quando ricevono l’invito ad effettuare l’esame del sangue occulto nelle feci, lo accolgono.

Nel 2015, ultimo dato disponibile, l’adesione allo screening è stata del 60,55% (58,7% nel 2014) ed in particolare del 62% fra la popolazione italiana, con una percentuale di adesione variabile ma inferiore nei diversi gruppi etnici. Per fare solo un esempio, i rumeni accolgono l’invito allo screening nel 33% dei casi mentre tra i cinesi la percentuale scende al 15.

La adesione è maggiore di 3-4 punti di percentuali nelle femmine rispetto ai maschi, ed maggiore nei pazienti nelle fasce più alte di età (vengono invitati fra i 50 ed i 69 anni).

Un dato, quello del 60,55% migliorabile ma sicuramente più che soddisfacente considerato che l’adesione media in Italia è del 42,4%.
Su circa 60 mila invitati e 35 mila adesioni, un 5,1% degli esami delle feci risulta positivo, e la percentuale scende al 4,4% in chi lo aveva già effettuato. E a quel punto?

Guai disperarsi perché, anche con un risultato positivo, le possibilità di avere un cancro sono piuttosto basse. «Un terzo dei pazienti ha un adenoma avanzato, un terzo dei polipi, appena un 4-5% un tumore e il restante 25% non ha assolutamente nulla di rilevante, sono i cosiddetti falsi positivi». Per i pazienti con test positivo è prevista una seconda fase di accertamenti: innanzitutto l’invito a un colloquio e l’appuntamento per effettuare la colonscopia.

«Solo per lo screening effettuiamo circa 2 mila esami all’anno concentrati a Trento e Rovereto. «Prima invitiamo a un colloquio. Sappiamo che l’attesa tra l’esame positivo e la colonscopia può essere fonte di stress e per questo chiamiamo il paziente per il colloquio pochi giorni prima dell’appuntamento. In questa sede un infermiera preparata ad hoc spiega al paziente l’esame, i possibili rischi, ma anche quali sono le varie patologie legate al sangue occulto, e dunque che ricevere un referto di positività che non vuol dire automaticamente avere un tumore. Anzi, che la percentuale è bassa», spiega il dottor de Pretis.

Nel 2015, per lo screening sono state effettuate complessivamente oltre 2.200 colonscopie e diagnosticati 79 cancri (quattrocento se guardiamo anche le diagnosi fuori screening), 764 adenomi (polipi) e 545 adenomi avanzati (polipi a maggior rischio di sviluppare il cancro).
In Trentino anche i dati di adesione alla colonscopia sono ottimi. Il 94,7% di pazienti con test del sangue occulto positivo aderiscono alla proposta di effettuare un esame di secondo livello. Un fatto non scontato se si considera che a livello nazionale la percentuale si ferma al 79,6%.
Quando si parla di colonscopia è evidente che in molti storcono il naso. L’esame è sicuramente poco gradito, ma negli anni, a livello di dolore o fastidio, le cose sono notevolmente migliorate. «Oggi viene sempre effettuato con una sedazione farmacologica e se si chiede ai pazienti la cosa più fastidiosa rispondono che è stata la preparazione. Lo dimostra il fatto che le colonscopie complete in Trentino sono state il 98,7% dei casi, contro il 95,6 a livello nazionale». Lo screening permette di diagnosticare la malattia in fase più precoce, con migliore risultato di guarigione, cure più semplici, con minore necessità di ricorrere a chemio e radioterapia. «Inoltre in circa il 20% dei casi, nelle forma più precoci, il cancro può essere  trattato  solo endoscopicamente nel corso della colonscopia diagnostica od in una colonscopia successiva ricorrendo a tecniche di resezione endoscopica avanzata, tecnica nella quale l’Ospedale di Trento ha una delle casistiche più ampie», dice il primario.

Nelle forme più avanzate è invece necessaria l’asportazione chirurgica del tumore e questa viene effettuata nella grande maggioranza dei casi in via laparoscopica. «Oggi, per la colonscopia, utilizziamo strumenti ad altissima definizioni, i migliori a disposizione a livello mondiale e questo ha migliorato notevolmente la possibilità di vedere lesioni molto piccolo anche nella parte destra dell’intestino, lesioni che un tempo sfuggivano.

«Quello della ricerca del sangue occulto è un importante esame per lo screening e dunque per chi non ha sintomi. Chi invece ha un qualche disturbo è importante che si rivolga al proprio medico ed eventualmente esegua direttamente una colonscopia», avverte de Pretis.

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