Poco Trentino e Wojtyla ridotto a comparsa

«Nella fiction "Non avere paura - Un'amicizia con papa Wojtyla" Giovanni Paolo II non è altro che una comparsa. Anzi, «la comparsa» sulla quale si regge il tutto. Più che un programma in onore della canonizzazione del pontefice polacco, quella andata in onda su Rai Uno la scorsa domenica sera sembra un racconto di parte della vita di Lino Zani, la guida alpina che assieme ad altri accompagni il papa sulle nevi trentine». La dura critica arriva da Gianluca Rosa

di Fabia Sartori

fiction wojtylaNella fiction «Non avere paura - Un'amicizia con papa Wojtyla» Giovanni Paolo II non è altro che una comparsa. Anzi, «la comparsa» sulla quale si regge il tutto. Più che un programma in onore della canonizzazione del pontefice polacco, quella andata in onda su Rai Uno la scorsa domenica sera sembra un racconto di parte della vita di Lino Zani, la guida alpina che assieme ad altri accompagni il papa sulle nevi trentine.
La presa di posizione arriva da Gianluca Rosa. Che ha conosciuto Papa Wojtyla, che ci ha sciato fianco a fianco quando Giovanni Paolo II nel 1981 si è recato sull'Adamello. Non solo: Rosa è anche il «giovane fedele» nominato dall'attore Ugo Dighero (nella fiction è il segretario del papa, Stanislao Dziwisz, oggi arcivescovo di Cracovia) in cerca del Rifugio della Lobbia Alta (per poi portarci il papa, ovviamente).
Quel giovane fedele che, di suo pugno, scrisse una lettera a Papa Giovanni Paolo II per invitarlo a sciare sull'Adamello non è degno nemmeno di una «comparsata» all'interno della fiction: nominato in un paio di occasioni, non trova nemmeno un figurante ad interpretarlo per qualche secondo. Dopo aver visto la programmazione andata in onda sul piccolo schermo Gianluca Rosa non esplode per invidia o per la scarsa attenzione di Lino Zani nei suoi confronti.
Quali sono gli aspetti, allora, che riescono a far arrabbiare ed al contempo rammaricare il «giovane fedele», un tempo maestro di sci ed oggi affermato notaio? «Sicuramente mi ha colpito in maniera negativa il fatto di vedere un papa così diverso da come lo ricordo io: troppo banalizzato e spersonalizzato, trattato alla stregua di una comparsa o, al massimo, di un coprotagonista. A me, che l'ho conosciuto, ha fatto specie pensare che gli spettatori da casa abbiano immaginato un papa Wojtyla così interessato alle vicende amorose di Lino (nella fiction Giorgio Pasotti) o in grado di arrampicarsi su per Cresta Croce in modo tanto agevole e disinvolto. Insomma, l'atteggiamento del Santo Padre non è narrato in modo veritiero».
Il termine fiction già di per sé si discosta dai fatti reali: che uomo era in realtà papa Giovanni Paolo II? Quali ricordi ha di quei due giorni? «Il Santo Padre era un uomo carismatico, dalla personalità emergente e magnetica: è difficile accettare l'idea che venga dipinto come "pappa e ciccia" con Lino, difficile credere alle sue continue domande riguardo alla vita sentimentale con Angela (Claudia Pandolfi nella fiction, ndr). Ricordo che durante le nostre sciate molto difficilmente parlavamo della nostra vita privata: io chiedevo a lui dei suoi innumerevoli viaggi, lui si informava sulle montagne e sui luoghi che ci circondavano. Papa Wojtyla era uno sciatore mediocre, soprattutto sulla neve fresca del ghiacciaio: spesso si fermava appoggiandosi ai bastoncini, a volte per riposare. Molto spesso per lunghi momenti di preghiera e meditazione. Ovviamente non si arrampicò su Cresta Croce, che nella fiction non è nemmeno quella vera».

 V uole ricordare qualche episodio della fiction che l'ha particolarmente colpita? «Chi conosce la vicenda reale è rimasto indignato quanto me per come i fatti sono stati travisati e manipolati, falsati ed in un certo modo ridicolizzati. Ad esempio, i tre polacchi non arrivarono mai al Passo del Tonale: per dovere di cronaca ricordo che fui io ad accompagnarli al Rifugio in un pomeriggio di pioggia, vento e grandine. Così come non dimentichiamo che ai rifugi ci si arriva salendo, anche nell'ultimo tratto: difficilmente la strada è in discesa. Manca molto la parte spirituale che il Santo Padre curava e sapeva trasmettere: durante il pranzo (che compare anche nella fiction) cui partecipai anche io a fianco del papa, sedendo al posto d'onore che monsignor Stanislao volle riservarmi, si respirò un grande calore umano e una fede smisurata. Per quanto mi riguarda le due giornate vissute sull'Adamello ebbero un importante significato spirituale: della Messa celebrata al mattino del secondo giorno ho un ricordo profondo ed intenso. Nella fiction non è nemmeno menzionata».
Sembrerebbe quasi uno sfogo dettato dall'invidia: vuole chiarire meglio la sua posizione nei confronti di Lino Zani? «Senza la mia lettera al Papa, nulla sarebbe accaduto: a Lino rimprovero non tanto l'ingratitudine quanto di non essere stato fedele alla realtà. Già trent'anni fa ritenni che papa Wojtyla fosse un patrimonio dell'Umanità e non dovesse essere assediato da ambizioni o tentativi di finire sotto i riflettori: scrissi subito la mia esperienza al suo fianco appena scesi dalla montagna. Ma il mio elaborato è rimasto segreto: solo il mese scorso è stato pubblicato nel libro che Giorgio Gelmetti ha dedicato a "Wojtyla Trentino". Nemmeno si tratta di invidia per il ritorno economico che potrebbe avere Lino: rifiutai fin dal principio qualsiasi compenso, anche quanto una nota agenzia di stampa mi offrì 50 milioni di lire per alcune foto scattate con il Santo Padre».
I numeri parlano però a favore della fiction: il film tv di Rai Uno ha infatti vinto la serata, con una media di 6 milioni 158 mila spettatori e del 23.5%.

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