Sanders; «Hillary inadeguata» Obama difende la ex first lady

"Hillary Clinton non è qualificata per fare il presidente degli Stati Uniti": dopo mesi di campagna presidenziale Bernie Sanders lancia l'attacco più duro all'ex first lady. Tanto che l'attuale inquilino della Casa Bianca, Barack Obama, interviene subito tramite il suo portavoce Eric Schulz, facendo sapere che invece considera la sua ex segretaria di Stato "molto qualificata".

"Porta in questa campagna più esperienza di qualunque altro che non abbia ricoperto il ruolo di vicepresidente", sottolinea Schulz. Quella di Sanders è una dichiarazione di guerra in vista delle cruciali primarie di New York del 19 aprile, che mettono in palio 247 delegati, il bottino più grosso prima della California.

La sfida nella Grande Mela è prima di tutto un derby tra i due candidati democratici: newyorchese di adozione Hillary, che qui ha il suo quartier generale elettorale e qui è stata eletta senatrice per due volte, nel 2.000 e nel 2.006; newyorchese di nascita Bernie, venuto alla luce e cresciuto a Brooklyn.

Dopo la striscia di sei successi consecutivi, il senatore del Vermont ha bisogno di recuperare lo svantaggio di oltre 250 delegati con vittorie pesanti, a partire da New York, dove i sondaggi lo danno dietro l'ex segretario di Stato, che qui sta facendo campagna anche con il sindaco Bill de Blasio e sua moglie Chirlane. Così, anche se in un sondaggio a livello nazionale è dato avanti (49% a 47%), è costretto ad alzare tiro e toni.

"Non credo che Clinton sia qualificata per fare il presidente se attraverso i suoi super Pac (comitati di raccolta fondi elettorali, ndr) prende decine di milioni di dollari, se ha votato per la disastrosa guerra in Iraq, se ha sostenuto l'accordo di libero commercio con Panama", ha accusato in un raduno a Philadelphia, replicando ai precedenti attacchi dell' ex first lady. Quest'ultima lo aveva criticato per le risposte evasive date in una intervista su alcuni dei suoi cavalli di battaglia, tra cui la riforma di Wall Street: "penso che non abbia fatto i suoi 'compiti di casà, che abbia parlato per oltre un anno di fare cose che ovviamente non aveva studiato o capito, e questo solleva un sacco di interrogativi".

Nella battaglia per la Grande Mela Hillary deve fare i conti anche con l'ombra di una possibile 'connection' tra i Panama Papers e John Podesta, il capo della sua campagna elettorale, nonchè ex capo di gabinetto del presidente Bill Clinton e consigliere di Barack Obama. Secondo il Washington Free Beacon e il Washington Examiner, due testate vicine ad ambienti ultra conservatori e spesso giudicate poco attendibili, il Podesta Group, cofondato da John e guidato dal fratello Tony Podesta, avrebbe svolto un ruolo di lobby anti sanzioni per la russa Sberbank, coinvolta in accordi segreti che avrebbero contribuito ad arricchire molti esponenti dell'inner circle del presidente russo Vladimir Putin.

Quella del 19 aprile è anche una sfida incrociata con un altro new yorker, il frontrunner repubblicano Donald Trump. A Long Island ha tenuto il primo comizio dopo la sconfitta nelle primarie in Wisconsin e le folle sono riapparse entusiaste.

"Torneremo a vincere", ha promesso mentre la first lady Michelle criticava indirettamente la sua "retorica allarmante e ripugnante" e la Us Consumer Product Safety Commission ritirava 20 mila sciarpe "infiammabili" della figlia stilista Ivanka, fabbricate nella tanto vituperata Cina.

Una gara senza rivali per lui, secondo i sondaggi, con Ted Cruz contestato duramente ieri nel Bronx e costretto oggi a cancellare la visita di un liceo dello stesso distretto, dove gli studenti erano pronti allo sciopero.

Del resto aveva già litigato con New York quando aveva attaccato i suoi valori. Quei valori che invece Hillary ha promesso di portare alla Casa Bianca.

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