Elogio della solitudine, un vero rifugio della mente

La lettera al direttore: sulla solitudine

Qualcuno vive meglio da solo

Egregio direttore, l’individuo non è nato per restare solo, da quando si sono evoluti i primi ominidi abbiamo sempre vissuto in compagnia, la nostra è una società organizzata, fatta di ruoli di interazione, di connessioni.

Qualcuno vive meglio da solo ed afferma che la solitudine gli piace, nell’ultimo periodo che stiamo vivendo con il coronavirus, l’innovazione tecnologica ha portato molte persone a scegliere la solitudine come stile di vita. Cari amici la solitudine non è solo uno stato negativo, la solitudine è meditativa, aiuta una persona a conoscere meglio il proprio io interiore, ci costringe a riflettere a fermarci un attimo a pensare. È vero a volte la solitudine è utile, per accendere il cervello per davvero! La ricerca ha fatto emergere come chi è più intelligente si sente più appagato nella sua attività in solitudine piuttosto che instaurare relazioni sociali. Chi è più intelligente tende a essere concentrato nei suoi progetti, nel realizzare le sue idee, e stare con gli altri gli sembra una perdita di tempo.
Stare in compagnia è senz’altro una cosa che ci rasserena e ci fa stare meglio. Ma per chi è intelligente questo stadio della vita è alle volte un intralcio, ossia un obbligo non digerito. A loro non interessa ottenere l’approvazione degli amici, sentirsi considerato, piuttosto vogliono far crescere i loro progetti e realizzare le loro idee.


Elisa Lavanga

 

Rispettare la scelta di tutti

Servirebbe un compromesso, una specie di mediazione, fra la voglia più o meno legittima di starsene da soli e il desiderio di condivisione. Una cosa è però importante: che gli altri - rispetto a chi sceglie la solitudine o la moltitudine - capiscano e rispettino entrambi i desideri. Perché in una società in cui molti tendono a isolarsi e in cui ci sono nuove forme di isolamento, c’è anche un pezzo di società che vorrebbe sempre condizionare l’altro. Venendo invece al coronavirus, mi sento dire che la pandemia ci ha reso, in alcuni casi, più fragili (e la solitudine è dunque diventata un rifugio) e in altri casi più spavaldi (c’è infatti purtroppo ancora chi considera poco pericolosi gli assembramenti). Non vedo però soluzioni definitive: la società è in continuo movimento e penso, e in parte temo, che presto tornerà tutto come prima. In quanto infine a chi considera la propria compagnia migliore di quella degli altri, penso che ogni incontro possa arricchirci. Anche dal confronto nascono le idee, i pensieri, le suggestioni. Ricorda il vecchio proverbio che dice che da soli si va più in fretta ma che insieme agli altri si va più lontano? A me sembra sempre molto attuale.

lettere@ladige.it

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