I ragazzi di oggi e il ruolo dei genitori

La lettera al direttore

I ragazzi di oggi e il ruolo dei genitori

Caro direttore, cosa pensa della generazione 2000, ovvero la generazione figlia della nostra generazione 1970/1980 e dintorni...? Sento spesso dire che i ragazzi di oggi sono così difficili... Quando dico che lavoro alle scuole medie mi guardano con un misto di pena e preoccupazione perché dura avere a che fare con i ragazzi di oggi. Ma non è mica vero sa, i ragazzi di oggi non sono diversi dai ragazzi che eravamo noi. Mi fermo spesso a riflettere sul fatto che la mia generazione è cresciuta con un’educazione ben precisa, stabilita all’interno di contesti familiari definiti con ruoli ben riconosciuti: i figli eravamo noi, i genitori erano loro. Ne derivava una serie di regole imposte da loro ed accettate da noi, un senso del rispetto e del dovere, una libertà di scegliere sbagliando, un imparare che cadendo ci si fa male, che prendere decisioni è difficile ma necessario.

Poi siamo cresciuti e alcuni di noi si sono persi. Sono diventati genitori e si sono nascosti dietro l’assurda idea di rendere la vita dei nostri figli più facile possibile, di aiutarli in tutto, evitare loro cadute per evitare sbucciature, evitare decisioni e scelte, scegliendo per loro e anticipando risposte: evitando di fatto l’uso della propria testa. Ed eccola qui la generazione 2000 prodotto di questi genitori che hanno perso un po’ il senso del loro ruolo. Questi ragazzi non sono diversi da noi, sanno essere meravigliosi e sanno insegnare tanto a noi adulti ma sono tanto più fragili di noi. Non sono più svegli né più intelligenti, sono solo più dannatamente fragili, e a volte questa fragilità sconfina in una grande maleducazione e poco rispetto dell’adulto quindi del genitore, dell’insegnante, dell’allenatore e via dicendo.

Perciò in definitiva mi piacerebbe si smettesse di prendersela con i ragazzi di oggi che siamo solo capaci di definire come rovinati dall’uso incontrollato di smartphone e tablet, bisogna prendersela coi genitori che hanno dimenticato l’ottimo lavoro di quella generazione che adesso occupa il posto di nonni. I tempi cambiano e le società si evolvono, il progresso non si fermerà mai, bisogna imparare a gestirlo tenendo punti fermi, ruoli, regole, rispetto, in definitiva educazione. Bisogna che questi genitori ritrovino la voglia, il carattere e la forza di fare il genitore, bisogna smettere di delegare l’educazione ad altri, di prendersela con i docenti ritenuti inadeguati, di giustificare comportamenti ingiustificabili, di difendere figli indifendibili, bisogna avere il coraggio di fare il genitore che è davvero il lavoro più difficile del mondo.

Nicoletta Ferrari


L'educazione non si delega ad altri

In un certo senso, posso solo sottoscrivere le sue parole. Le condivido infatti tutte. Il tema dei ruoli ben riconosciuti. La fragilità che sconfina nella maleducazione. Il progresso che non si ferma e che va semplicemente gestito, anche se di semplice non c’è nulla.

L’educazione che non si può delegare ad altri. E che non va “trasferita” su una scuola che ha invece il quotidiano e spesso complicato compito di darci (e di dare ai nostri figli) altri strumenti, altre conoscenze, altre chiavi per aprire le porte del mondo. E confermo - da figlio, da genitore e anche da capitano del vascello di carta di un giornale, luogo nel quale si vede ogni giorno la società che cambia - che non c’è mestiere più difficile di quello del genitore. Riflettendo sulle ginocchia sbucciate - passaggio indispensabile per la crescita di ogni individuo, in ogni situazione, in ogni stagione della vita - pensavo all’importanza degli esempi, dei messaggi, degli atteggiamenti. Molte cose le possiamo (e dobbiamo) dire e dare ai nostri figli, a cominciare dalle regole, ma altre dovranno costruirsele da soli sbucciandosi ogni giorno (e di giorno in giorno sempre meno) le ginocchia. Ma c’è una cosa che dobbiamo fare prima di ogni altra, come lei giustamente sottolinea: non dobbiamo prendercela con i ragazzi di oggi e con i loro telefonini.

Dobbiamo semmai interrogarci: come educatori; come genitori; come maestri. Tutti “mestieri” che non prevedono la delega. Ultima cosa: grazie per le sue parole. Sono per così dire universali e saranno, per molti lettori, dei preziosi sassolini lasciati sul sentiero dei pensieri.

a.faustini@ladige.it

comments powered by Disqus