Folgaria, scambiano erba velenosa per zafferano Due turisti veneti uccisi dal risotto: lo svela l'autopsia

Un fiore di montagna altamente velenoso, il colchico d’autunno, raccolto sui prati di Folgaria e scambiato per zafferano e utilizzato per insaporire un risotto.

È probabilmente questa la causa della morte di una coppia di coniugi di Cona, Giuseppe Agodi, 70 anni, ex cancelliere del giudice di pace di Cavarzere e Cona, e Lorenza Frigatti, 69.

I due decessi sono avvenuti a distanza di diversi giorni: il primo settembre è morto l’uomo, mentre era in vacanza a Folgaria, la moglie è invece spirata all’ospedale di Piove di Sacco il 18 settembre, al termine di una dolorosa e lunga agonia nel reparto di terapia intensiva.

Quando Lorenza Frigatti era arrivata al pronto soccorso accompagnata dal figlio, accusando una nausea violenta, i medici hanno pensato subito ai sintomi dell’avvelenamento.

Il collegamento è andato immediatamente al decesso del marito, ritenuto in un primo tempo l’esito di un semplice arresto cardio-circolatorio.

I sanitari hanno chiesto al pm Roberto D’Angelo della Procura di Padova di disporre l’autopsia sul corpo dell’uomo.

L’esame del medico legale Massimo Montisci dell’Università di Padova, arrivato oggi, ha dimostrato che Agodi aveva ingerito del colchico, un fiore rosa-violetto velenoso molto simile nell’aspetto allo zafferano, con cui la coppia aveva preparato un risotto durante la vacanza in Trentino.

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Tra i conoscitore delle piante di montagna, proprio per la somiglianza, il colchico è chiamato «zafferano bastardo» o «arsenico vegetale».

I coniugi Agodi erano molto conosciuti sia a Cona, dove avevano abitato a lungo, che a Villa del Bosco, frazione di Correzzola, la località padovana dove si erano trasferiti.

Ad essere stupito e colpito per l’accaduto è per primo il sindaco di Cona, Alberto Panfilio.

«Il funerale del marito era stato fatto proprio qui da noi - racconta - e i suoi resti erano già stati tumulati in cimitero».

Il primo cittadino li descrive come una coppia che da quando era andata in pensione si dedicava ai viaggi, alle cene in compagnia e all’attività di volontariato per la pro loco locale. «Ora ci piace pensare - scrivono gli amici nella pagina Facebook della pro loco di Conetta  - che siate nuovamente assieme e Giuseppe con la sua voce possente dica... “Ti aspettavo Lorenza, c’è ancora tanta strada da percorrere assieme”. Al figlio Matteo la nostra vicinanza. Il nostro è un intimo dolore. Oltre le parole».


L'ESPERTO: «MANCA CONOSCENZA»

«Vedo un eccessivo ritorno generale all'uso di piante selvatiche, spesso però senza le conoscenze minime. Raccogliere e, soprattutto, ingerire piante di cui non si conoscono i principi attivi può essere molto pericoloso». Secondo il biologo, esperto botanico, Alessio Bertolli, appena nominato direttore del Museo Civico di Rovereto (vedi altro articolo in cronaca di Rovereto) i coniugi Giuseppe Agodi e Lorenza Frigatti, nel raccogliere il velenoso Colchico autunnale avrebbero commesso diversi errori. Errori che, purtroppo per loro, hanno avuto esito mortale.

«Intanto c'è da dire che lo zafferano, il Crocus sativus ( foto in basso ), in Trentino non esiste allo stato selvatico. Ci sono alcune piccole coltivazioni sul monte Baldo. Ma la possibilità di trovarlo spontaneo in natura è inesistente. Sulle nostre montagne le piante più "simili" allo zafferano sono il cosiddetto "zafferano alpino", crocus albiflorus, che fiorisce al disciogliersi delle nevi, caratterizzato da fiori bianchi o violacei, e lo "zafferano selvatico", crocus biflorus, pianta mediterranea recentemente scoperta anche in Trentino, anche lei caratterizzata da fioritura molto precoce, anche a gennaio. Quindi, nessuna delle due piante fiorisce a settembre. Nè hanno alcun uso alimentare» spiega Bertolli.
«Peraltro - sottolinea l'esperto botanico - il colchico d'autunno ( foto in alto, ndr ) non si dovrebbe confondere facilmente con lo zafferano. È una pianta molto diffusa nei nostri prati, pascoli e bosco rado. È un bel fiore, che ricorda quello dello zafferano, ma con diverse importanti variazioni. Intanto non ha foglie insieme al fiore, e poi appunto, come dice il nome, fiorisce in autunno, mentre "gli zafferani" sono primaverili. La regola aurea - conclude Bertolli - è quella di seguire il buon senso: non cogliere e soprattutto non toccare o ingerire piante di cui non si ha conoscenza certa. In tutta la mia carriera non mi è finora mai capitato di sentire di un decesso, in Trentino, dovuto all'ingestione di colchico autunnale».

Tutta la pianta del colchico autunnale, incluse radici e foglie, ma in particolare i semi, contiene alte concentrazioni di colchicina, alcaloide utilizzato in medicina a bassissimi dosaggi come rimedio contro la gotta, ma estremamente velenoso a dosi elevate: bastano un paio di grammi di semi per poter uccidere un bambino, perfino annusare questi fiori spesso genera forti mal di testa. I sintomi dell'ingestione variano tra iniziale bruciore alla bocca a violenti dolori addominali fino al collasso cardio circolatorio.

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