Flora / Foreste

Il bostrico peggio di Vaia, le foreste del Primiero scompaiono, l’allarme dall’ispettore Gottardo

L’insetto attacca le piante in difficoltà, ma adesso la sua presenza è passata però dall’essere endemica a pandemica, e in Fiemme è anche peggio

L'ALLARME "Manca la materia prima"
L'EMERGENZA Le foreste divorate dal parassita

di Andrea Orsolin

PRIMIERO. «I nostri boschi si stanno spolpando». L’ispettore distrettuale di Primiero Luigi Gottardo va dritto al punto: a fine 2023 il danno da bostrico ha eguagliato quanto fatto dalla Tempesta Vaia.

Mezzo milione di metri cubi di abeti rossi “mangiati” dal coleottero, la stessa quantità di alberi messa “ko” dal vento nell’ottobre 2018. Come conseguenza di questa situazione, l’anno scorso nel distretto (che comprende anche le zone del Vanoi, Mis e parte del Tesino) sono stati assegnati per la vendita ben 150mila metri cubi di legname, il triplo di quanto solitamente veniva assegnato nell’epoca prima di Vaia.

Anche l’incasso è stato eccezionale: nel solo Comune di Primiero San Martino di Castrozza arriveranno 1,8 milioni di euro dalla vendita del legname dell’anno scorso. Ma per Gottardo non c’è da esultare. «In futuro queste entrate verranno a mancare, e ci vorranno decenni per ricostruire il patrimonio forestale».

Cos’è successo, in questi anni?

«L’esperienza ci insegna che dopo gli schianti nel bosco arriva il bostrico, insetto già presente in natura, un regolatore dell’ecosistema, che attacca le piante in sofferenza. La sua presenza è passata però dall’essere endemica a pandemica».

Il bostrico continua a proliferare?

«L’anno scorso ha prodotto solo una generazione, grazie alla fresca primavera. Nel 2024 ci aspettiamo un calo, ma tutto dipenderà del tempo: se la primavera arriverà in anticipo, c'è un pericolo rilancio e l’avvio di una nuova fase delicata. A differenza della vicina val di Fiemme, noi abbiamo una fortuna».

Quale?

«I nostri boschi non solo fatti solo di abete rosso, ma anche di abete bianco e faggio. Le differenti specie di piante e la morfologia del territorio ci fanno sperare».

Come vi state muovendo, per non disperdere il patrimonio?

«Stiamo cercando di smaltire più materiale possibile, i boscaioli lavorano come dei pazzi, per non avere ulteriori danni. Se con Vaia la qualità del legno in vendita rimaneva la stessa delle piante in piedi, con il bostrico le piante si seccano, si formano fessurazioni e il legname si degrada fino a diventare sostanzialmente cippato. Questo porta a perdite economiche imponenti: abbiamo tanto legname, ma di una qualità inferiore. Inoltre, c’è da tenere conto che siamo in una congiuntura economica generale non favorevole».

Come prosegue l’attività di rimboschimento?

«Nel 2023 abbiamo messo a dimora 30 ettari di piantine. Cerchiamo di selezionare le zone più meritevoli, agendo a macchia di leopardo, soprattutto piantando larice. Sul monte Bedolè, una delle zone più colpite, abbiamo piantato quasi 40 mila larici. Non abbiamo la pretesa di creare i boschi del futuro: stiamo cercando di creare un’ossatura di base, i nostri sono rimboschimenti sono un aiuto alla natura che deve riprendersi».

E per quanto riguarda i lavori forestali?

«Dobbiamo mantenere in efficienza le strade che abbiamo costruito per consentire l’esbosco delle aree schiantate. Gli interventi di manutenzione sono continui, visto il transito eccezionale su queste strade».

Tema grandi predatori: quanti lupi ci sono in zona?

«Tre branchi: uno nel Vanoi, uno in zona Passo Cereda e l’altro in Val Noana».

Dal punto di vista faunistico ci sono novità?

«La presenza dei cinghiali comincia a diventare regolare, ma non è numerosa. Ci sono sempre tanti cervi e pochi caprioli, mentre per quanto riguarda i camosci la rogna sarcoptica non ha più dato problemi. I tetraonidi (come il gallo cedrone, ndr) hanno sempre numeri bassi. Ma il lupo con questi dati centra ben poco».

comments powered by Disqus