Piacciono le visite guidate ai fortini del Brione

«Il forte è come una tartaruga, si chiude per sopravvivere». 
Le parole di Lodovico Tavernini echeggiano, rimbalzando tra le spoglie pareti in pietra e cemento armato. Sono resistite per un secolo le testuggini assopite sul clivo del Brione, inselvatichite e depredate nel periodo postbellico dagli abitanti che soffrivano la carestia. 
Si è conclusa la serie di visite guidate alla scoperta delle fortificazioni del Monte Brione organizzata dal MAG (Museo Alto Garda) per il 2014. 
Una trentina di persone hanno partecipato all'ultimo appuntamento in una domenica ancora di sole. C'è chi è riuscito ad iscriversi e chi si è aggiunto al gruppo all'ultimo momento, ci sono famiglie, giovani coppie e nostalgici pensionati, tutti ad ascoltare rapiti le magiche storie dei pietrosi veterani della Prima Guerra Mondiale. 

La partenza da Forte San Nicolò, per poi salire lungo il "Sentiero della Pace", ha incuriosito dai vicini rivani fino ai più distanti bolzanini. Il Trentino si è radunato per ricordare e rivivere, attraverso i luoghi che hanno fatto la storia, le vicende del passato che gli appartengono. Merito del bel tempo o del passaparola, alla visita conclusiva si è registrato un surplus di adesioni che ha reso ben felici gli organizzatori. Il sole splende alto nel cielo terso, sicuramente di buon auspicio, quando il gruppo si raduna a forte San Nicolò. 
Costruito tra il 1860 e il 1862, per poi essere rinnovato pochi anni prima lo scoppio del conflitto mondiale, si può considerare il nonno degli altri due situati lungo il percorso.
Seguendo la cresta del Monte Brione ci si imbatte nella piatta colata di calcestruzzo che copre Forte Garda. L'omogeneità della bianca distesa è interrotta solo dalle cupole che proteggevano gli obici, minacciosamente puntati verso il lago. Nascoste sotto, si snodano, dal fossato di gola, circa 300 metri di gallerie che corrono lungo la parete del Monte. Grazie al restauro, i cunicoli, sono stati messi in sicurezza per essere aperti al pubblico che si è accalcato, nei giorni scorsi, sotto l'attento sguardo degli alpini rivani. 

Di qualche anno precedente è il forte di montagna "Batteria di Mezzo" che, orientato verso la foce del Sarca, aveva come obiettivo il controllo della linea ferroviaria Mori-Arco-Riva, dalla quale gli austriaci temevano un attacco delle truppe italiane. Salendo i primi gradoni, le cui ripide alzate e le strette pedate hanno lo scopo di impedire la discesa delle biciclette, il fiato inizia a farsi corto anche tra i più allenati. Ma proprio quando la forza di volontà inizia a scemare, Lodovico Tavernini, lascia riposare la truppa. Su un piano rialzato, da buon condottiero, sovrasta il mormorio dei grandi e le risate dei piccini: inizia il racconto e cala il silenzio. Ben carburata dalle sue parole, galoppa l'immaginazione. Dai segni delle granate che punteggiano la facciata, si sente ancora il frastuono dei colpi e il tremore dei setti del forte, chiuso a riccio sotto il fuoco italiano. Un applauso spontaneo e caloroso corona il coinvolgente racconto del Tavernini. La cartolina del lago alla luce del tramonto fa da cornice alla discesa disordinata del gruppo, giù per il "Sentiero della Pace" fino al ritorno a Forte San Nicolò.

Sofia Santoni

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