Ferrovia Trento-Malé, la linea dei cinquant'anni

di Renzo Maria Grosselli

Per ricordare la Ferrovia Trento-Malé nel 2009 si organizzarono convegni e feste, cerimonie. Erano i cento anni dalla nascita ma, in realtà, si trattava dell'inaugurazione della tratta, di cui oggi non rimane proprio nulla. Quest'anno invece si festeggerà il 50° anno di vita della «nuova linea». Infatti il 13 dicembre prossimo cade il cinquantenario da quando, dopo anni di dibattiti, discussioni e anche divisioni, si inaugurò la nuova linea della Ferrovia Trento-Malé.

Quella che veniva a sostituire era obsoleta e dava luogo ad un viaggio così lungo per i passeggeri che non era più consono ai tempi. Una linea «ad una sola mano» che per vasti tratti stendeva i binari in mezzo alla strada carrozzabile e quindi, rendeva impossibile il concomitante passaggio di auto e camion dall'altro.

«L'85% della strada era senza asfalto, - ricorda Mario Forni , dirigente del movimento (capostazione) dell'attuale Trento-Malé, autore di libri quali "Rotaie nelle Valli del Noce" e "Ferrovie del Trentino" - fondo di ghiaia e sempre polverosa». C'era chi dopo la Seconda guerra mondiale voleva eliminarla. Il dibattito per anni si era avvitato tra scartamento ridotto e normale, e chi voleva ormai lasciar perdere le ferrovie, superate, si diceva, da auto, camion e pullman. Il dibattito si trascinò fino agli anni ?50 e fu risolto solo da una prova di forza politica. Si impose chi assecondò la società Ferrovia Elettrica Trento Malé che voleva che la tratta continuasse a funzionare e sosteneva lo scartamento ridotto (dietro c'era un ramo della Democrazia Cristiana, i senatori trentini Enrico Conci e Luigi Benedetti ). «In effetti - osserva Forni - era più pratico, meno costoso e si poteva usare il materiale rotabile già in uso». Erano anni di dopoguerra, il boom economico in Trentino stentava a farsi largo. «Scommessa vinta comunque perché a tutt'oggi la ferrovia sta funzionando, al meglio».

Marco Rensi di Besenello, abita da decenni a Dermulo, ha 87 anni e da 36 anni è pensionato della Trento-Malé. «Presi servizio a 15 anni, il primo febbraio del 1943, prima al deposito e poi nel 1948 come macchinista. I lavori iniziarono nel 1953: il primo tratto fu quello dai Sorni a S. Michele. Le vecchie rotaie passavano in mezzo alla via a Gardolo, Lavis. Infine, io scesi da Malé a Trento per l'ultimo viaggio col vecchio materiale rotabile, ancora di origine austro-ungarica, era il dicembre del 1964. Partii alle 4 del mattino. Era il 10 dicembre, il 9 il viaggio ufficiale era invece partito da Trento. Noi arrivammo in città alle sei del mattino». Non si trattava ancora dell'inaugurazione ufficiale della nuova linea: per tre giorni la ferrovia fu bloccata per modificare il livello di tensione elettrica della linea. Il 13 dicembre si sarebbe avuta l'inaugurazione.

«La motrice che usammo per arrivare a Trento era la Grazer Wagon Fabrik Aeg del 1909 che fu quindi parcheggiata al deposito. Io - dice Rensi - mi presi le maniglie di comando come ricordo». Lui nella vita ha amato la sua famiglia, la montagna e poi... la Trento-Malé: «Mio cognato, macchinista, morì nel 1959 ad un passaggio a livello, a Mezzolombardo, speronato da un camion che demolì la cabina». Ai tempi non c'erano le barriere e il passaggio a livello era solo indicato da una «croce di S. Andrea». «Del resto, prima dell'ammodernamento della linea, gli incidenti erano abbastanza frequenti. Io pure feci un morto. Viaggiavo da Lavis per Trento ed un uomo attraversò le rotaie con la moto... anni '50».

«Ma gli incidenti continuarono anche dopo - racconta Forni .- visto che non tutti i passaggi a livello erano provvisti di barriere e la gente attraversava i binari con una certa disinvoltura». Quella gente era abituata ai tram che marciavano a 40 all'ora mentre la nuova ferrovia «sfrecciava» ai 90 all'ora. «Qualche macchinista, pur senza colpe proprie, ebbe anche 8 incidenti mortali» annota Carlo Peretti di Taio, 66 anni, in pensione da 6. Da quattro ore di percorrenza dell'intera tratta si passò all'ora e 20 minuti: «Mezzi più silenziosi, riscaldamento e i macchinisti che potevano finalmente viaggiare seduti. Io iniziai quattro anni dopo l'inaugurazione. Fui il primo capotreno a fare il trasporto di carri a scartamento normale delle Ferrovie dello Stato. Erano i famosi "vagoni dei pomi" che portavamo su, con la nostra linea con carrelli trasportatori appositi e la locomotiva speciale». Viaggi speciali, per le mele.

Fino agli anni '40 la ferrovia non aveva conosciuto la concorrenza dei camion e trasportava in Non e Sole di tutto, dalla farina alla frutta, dal carbone al legname. Ma negli anni '50 molte di queste merci ormai si spostavano in camion. Ma le mele, sino a Mezzocorona continuarono a viaggiare in ferrovia e così, nel bagagliaio, piccole partite di merci. Peretti: «Portavamo i giornali, verdura, medicinali, fiori. Fino agli anni '90. Un tempo il nostro distintivo erano una T e una M sovrapposte e qualche buontempone tradusse il tutto con "Trasporto Morti". Senza sapere che era una previsione. Ricordo un settembre piovoso in cui si ebbero delle frane tra Cles e Mostizzolo, sulla statale, e poi tra Cles e Malé. Trasporti solo con ferrovia quindi, per una settimana. E si presentarono i familiari di un signore deceduto, volevano portare il cadavere a Malé. Ero di servizio: lo caricammo su un carrello e lo portammo su, come treno straordinario. Il sabato successivo, altro cadavere. Lo mettemmo nel bagagliaio ma alla partenza si presentarono circa 50 persone con due sposi novelli che dovevano risalire la valle per la festa. Conciliammo i due trasporti, morto e sposi, separando le comitive e telefonando al capostazione di Malé, affinché il carro funebre non si facesse trovare proprio al momento dell'arrivo degli sposi».

Tante storie per la vecchia Trento-Malé. Ancora Carlo Peretti: «1974, la famosa crisi energetica. Il governo consigliava per la domenica le gite a piedi. C'era l'assalto al treno e dovevamo mettere anche 30-40 persone nel reparto bagagli. Con la Fiera di S. Giuseppe, il 19 marzo del 1974, facemmo il record di trasporto passeggeri, 15.000 in un giorno. Oggi le medie sono di 7.500-8.000».

Ma l'avventura più grande, spettacolare e potenzialmente la più triste, fu quella che capitò a Rensi verso la metà degli anni '60: «Guidavo il treno numero 6, motrice nuova. Passai per la galleria di Dermulo verso le 11. Sul ponte, in una curva a sinistra mi trovai davanti, girato di schiena, un bambino che si verificò poi, aveva due anni di età. Si seppe che suo padre stava tagliando l'erba in un prato, sulla scarpata, e il piccolo gli era sfuggito. Misi la rapida, cioè innestai la frenata più brusca ma il treno ci impiegò 37 metri per fermarsi e il bimbo ormai ci era finito sotto. Scesi disperato e guardai le rotaie, dietro. Non c'erano segni... e sentii un pianto infantile. Il bambino era davanti. La sua fortuna era stata che un collega in deposito aveva messo la coppiglia (un blocca dato) in modo non corretto. Ma fu questo che fece sì che il piccolo fosse agganciato per i vestitini... Lo presi, lo abbracciai, non c'era sangue, solo qualche botta sulla schiena. Papà venne subito raggiunto ed era impietrito, disperato. Il bimbo lo consegnai a chi lo portò subito all'ospedale. Quando potei lo raggiunsi anch'io. Stava sul corridoio e diceva "Bua tutù", male dietro insomma». Quella famiglia invitò Rensi alla comunione e poi alla cresima del piccolo e lo stesso, ormai uomo, lo avrebbe in seguito invitato al suo matrimonio e ancora oggi di tanto in tanto va a fargli visita.
La Trento-Malé rinacque il 13 dicembre del 1964. Mentre, prima e dopo, continuarono a chiudere altre linee, in Italia e in Europa. Giù il cappello, quindi, alla memoria di coloro che videro giusto, e vinsero una battaglia che fu «di civiltà».

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