Ritorno a Seoul, rabbia giovane e radici

(ANSA) - ROMA, 07 MAG - Scegliere d'impulso, di non andare in vacanza in Giappone, ma di partire per la Corea, il Paese dove i suoi genitori biologici, quand'era neonata, l'hanno data in adozione, e che ha lasciato con i suoi genitori adottivi francesi. E' la decisione della protagonista, in un potente racconto di formazione, dolore, scoperte e rabbia giovane, ispirato da una storia vera: Ritorno a Seoul del regista franco/cambogiano Davy Chou, che dopo il debutto l'anno scorso a Cannes (dove quest'anno il cineasta torna come membro della giuria della sezione Un certain Regard), è stato il candidato della Cambogia all'Oscar per il miglior film internazionale ed esce l'11 maggio in sala con I Wonder Pictures in collaborazione con Mubi. Una storia che nasce dalla reale esperienza di Laure Badufle, artista coreana adottata in Francia, amica di Chou, che si era trovato ad assistere alcuni anni fa all'incontro della giovane donna (qui anche coautrice della sceneggiatura) con il padre biologico, durante un viaggio in Corea. "E' qualcosa che mi ha toccato profondamente - spiega all'ANSA il regista, classe 1983 -. Ero così emozionato, sentivo quello che provava Laure e trovavo tutto sorprendente e anche differente da come me lo sarei aspettato. Pensavo ci sarebbero state più lacrime, più storie da condividere, invece era tutto molto sobrio, c'era un senso dell'assurdo". Era "una realtà complessa e sorprendente e ho provato un'istintiva attrazione a quella storia". Nel racconto, che prende un arco di otto anni, la protagonista è la 25enne Freddie (interpretata in modo straordinario dall'artista visuale Park Ji-Min), studentessa indipendente e libera che senza averlo programmato decide di passare due settimane di vacanza in Corea del sud, dove non è più tornata dall'adozione. La sua intraprendenza la porta velocemente a farsi degli amici, come Tena (Guka Han), che la supporta nella ricerca dei suoi genitori biologici. Riesce ad incontrare il padre (Oh Kwang-Rok), poco in grado di controllare il senso di colpa per quella figlia abbandonata ma non la madre, decisa a rifiutare ogni contatto con la ragazza. Un no che segna le altre scelte della protagonista. (ANSA).