Il Sait taglia i dipendenti: 116 licenziamenti

di Francesco Terreri

Il Sait avvia la procedura per il licenziamento collettivo di 116 dipendenti, un po’ meno dei 127 esuberi previsti nel verbale di accordo sulla cassa integrazione straordinaria e dei 130 annunciati quasi un anno fa. Ma pur sempre un quinto di tutto il personale del consorzio, che nel frattempo è sceso a 572 dipendenti dai 636 dell’anno scorso e dai quasi 700 del 2012.

La lettera arriva il giorno dopo della manifestazione della Filcams Cgil che ha ottenuto una presa di posizione del Consiglio provinciale a favore della ripresa della trattativa per ridurre gli esuberi.

Nella comunicazione che avvia la procedura di licenziamento collettivo, inviata a sindacati, rappresentanze aziendali, Federazione della Cooperazione, Servizio lavoro e Agenzia del Lavoro della Provincia, Inps, Sait spiega che il recupero di quest’anno dei volumi di vendita della cooperazione di consumo trentina è insufficiente a invertire la tendenza, sia per la crescente concorrenza con l’arrivo di nuovi competitori e la forte pressione sui prezzi, sia perché quattro Famiglie cooperative sono uscite dal consorzio, determinando una contrazione dei ricavi 2017 di 7 milioni di euro.

Si tratta delle Famiglie coop Giudicarie, Carisolo e Pelugo, passate a Dao-Conad, e della Famiglia Valle di Cavedine, ancora in bilico ma di cui comunque si valuta una perdita parziale di forniture. Per quanto riguarda la situazione di mercato, si ricorda l’arrivo di «un forte discounter tedesco» (Aldi) e in generale di «grandi gruppi commerciali attualmente non presenti sul nostro territorio».

Il personale individuato per il licenziamento non corrisponde necessariamente a quello in cassa integrazione straordinaria, nel frattempo salito a 82 persone. Per la mobilità, infatti, ci sono criteri come anzianità di servizio, carichi familiari, esigenze organizzative. Sait precisa che sono in esubero 45 lavoratori e lavoratrici degli uffici su 184, quasi un quarto, e 71 addetti dei magazzini all’ingrosso su 197, più di un terzo del totale. Le uscite sono indicate ufficio per ufficio e reparto per reparto. Non vengono toccati, come previsto, i 191 addetti dei 19 punti vendita.

La procedura prevede ora 45 giorni per arrivare all’eventuale accordo con i sindacati e, in caso di mancata intesa, 30 giorni per l’accordo al Servizio lavoro della Provincia. A quel punto scattano i 120 giorni entro i quali sarà esercitata la facoltà di licenziare. Ma presumibilmente, tenendo conto dei mesi di preavviso, i licenziamenti coincideranno con la fine della cassa integrazione, il 3 aprile 2018. Uscite volontarie perché vicini alla pensione o per scelte di ricollocazione esterna potrebbero sostituire una parte dei licenziandi, ma Sait fa sapere che i recessi volontari tra giugno e settembre (la possibilità però dovrebbe esserci fino al 31 ottobre) nelle aree interessate alla cassa integrazione sono solo 4.

«Prendiamo atto che il numero di licenziamenti è calato rispetto alle prime previsioni, ma 116 è comunque un numero inaccettabile - afferma Walter Largher della Uiltucs Uil - Dopo un periodo estivo di grande risultato delle Famiglie cooperative, chiediamo non solo al Sait ma alla Federazione della Cooperazione di lavorare dipendente su dipendente alla ricollocazione. Dalla Cooperazione, che finora è mancata all’appello, pretendiamo un piano sociale».

«Con i piccoli passi, la mobilità volontaria, la formazione, il numero dei licenziamenti è calato - sottolinea Lamberto Avanzo della Fisascat Cisl - Andiamo avanti su questa strada per ridurre ulteriormente gli esuberi. La ricollocazione potrebbe avvenire anche nelle Famiglie cooperative che stanno ripartendo. I licenziamenti si possono ridurre».

Più dura la posizione del segretario della Cgil trentina, Franco Ianeselli: «Il numero di licenziamenti comunicato da Sait è inaccettabile e conferma la mancata volontà di ridurre l’impatto sociale della riorganizzazione aziendale».

«Il sindacato - prosegue Ianeselli - continuerà a mobilitarsi e a lottare per modificare questa volontà, sia sul numero degli esuberi sia sulle indispensabili azioni di riqualificazione dei lavoratori. Non ci rassegniamo a subire un comportamento socialmente irresponsabile verso i lavoratori e verso la comunità».
«I licenziamenti - conclude - sono sempre una pagina difficile da gestire e non sempre vendono prevalere comportamenti socialmente responsabili da parte delle aziende.
Che la mancanza di responsabilità sociale però avvenga dentro il mondo cooperativo fa davvero specie, perché i valori del movimento - che sono parte integrante della nostra storia - non possono evaporare come nulla fosse pur nei momenti di difficoltà».

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