Il welfare si auto-sostiene. L'esempio di investimenti strategici in aree montane

Il Confronto dal titolo “Tra sharing economy e welfare di comunità”, si è rivelato una riflessione sul ruolo del welfare e della coesione sociale, quali valori aggiunti per investire su un territorio, quando l'economia è sempre più strettamente finanza ed il welfare viene considerato una "zavorra" nei confronti del mercato. Oggi, il welfare lavora per costruire, con tutti gli attori della comunità, risposte concrete a chi fatica a vivere, con progetti auto-sostenibili. Uno degli esempi più rappresentativi è l'intenzione di realizzare investimenti strategici in zone montante, considerate eco-sostenibili e particolarmente interessanti per soggetti che necessitano di condizioni di vita più sostenibili.


 

Presso l'Aula Magna della Fondazione Franco Demarchi, si è tenuto nel pomeriggio di venerdì 3 giugno, un incontro nell'ambito del ciclo Confronti, organizzato dalla Fondazione sul tema “Tra sharing economy e welfare di comunità”, al quale sono intervenuti Giovanni Fosti, ricercatore Cergas Università Bocconi di Milano, Giovanni Teneggi, direttore Confcooperative Reggio Emilia e Donatella Turri, direttrice Caritas Lucca, moderati da Gino Mazzoli, vicepresidente Fondazione Franco Demarchi.

Al centro del confronto, il nesso tra economia e sociale, "due molecole che spesso vengono appiccicate con un po' di etica" e di cui spesso non si coglie l'essenza, il valore di una relazione molto profonda, non tenendo in considerazione l'origine sociale dell'economia ed il fatto ad esempio, che le reti stesse, sono realtà che non solo sostengono il sociale, ma producono occupazione.

L'incontro si è rivelato una riflessione sul ruolo del welfare e della coesione sociale, quali valori aggiunti per investire su un territorio, quando l'economia è sempre più strettamente "finanza" ed il welfare viene considerato "zavorra" nei confronti del mercato.

A fronte di un problema sociale, come l'aumento delle difficoltà delle persone, c'è un tema di tipo economico da affrontare ed il welfare, prodotto raffinato e prezioso della democrazia, ne rappresenta un test importante.

Il welfare italiano però presenta degli elementi critici, tra cui il fatto che sia sottodimensionato nei confronti degli altri Paesi, e che le sue risorse siano fortemente frammentate. La vocazione del nostro welfare, inoltre, è quella essenzialmente, di erogare prestazioni, presenta una natura fortemente prestazionale. Questo è un problema che vincola la sua capacità di sviluppo alla capacità di sostenibilità, di reperimento delle risorse. Le prestazioni, nel mero processo di recepire le esigenze e dare risposte, isolano, lasciano gli utenti nella solitudine. Un sistema di tipo prestazionale ha un enorme problema di sostenibilità ed invece che connettere le persone, dà risposte che isolano le persone.

Ad oggi quindi, serve un'inversione di natura semantica ed operativa: nei servizi, al contrario che nell'impresa, la personalizzazione è l'alleato, la standardizzazione il nemico. Ma personalizzare i servizi, significa cogliere l'opportunità dei servizi stessi, al di là della capacità delle risorse. Una delle opportunità più importanti è la condivisione. La sharing economy si basa essenzialmente su cinque elementi: il concetto, in primis, che condividere non è un regalo ma una leva per ottenere delle condizioni economiche migliori. In secondo luogo, il valore della ridistribuzione delle risorse; quindi la fiducia, ossia, allestire delle condizioni affinché i livelli di fiducia possano aumentare; serve infine una massa critica e per il futuro, l'utilizzo di tecnologie digitali che amplificano le azioni in questa direzione, logiche digitali che supportino e rendano al massimo l'efficacia del welfare.

Ma dove sta andando il nostro welfare? Fondamentalmente, la direzione è quella di costruire, con tutti gli attori della comunità, risposte concrete a chi fatica a vivere, con progetti auto-sostenibili. Quindi dinamiche e sperimentazioni che vanno contro l'idea di welfare come "zavorra", iniziative auto-sostenibili con risposte in termini economici alle problematiche sociali. Uno degli esempi più rappresentativi è l'intenzione da parte della cooperazione di realizzare investimenti strategici in zone montante, poco antropizzate. Aree considerate particolarmente interessanti per soggetti che necessitano di condizioni di vita più sostenibili. 

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