Rurali, il decreto indicherà fusioni e holding nazionale

di Francesco Terreri

Nella riforma del credito cooperativo potrebbe essere inserito un livello minimo di patrimonio per ciascuna Bcc che costringerebbe le Casse rurali ad aggregarsi tra loro oltre che a far parte del nuovo gruppo bancario nazionale. Se l'asticella minima di fondi propri fosse fissata, come si prevede, a 50 milioni di euro (ma c'è chi ipotizza livelli superiori), una trentina di Rurali, tre quarti delle banche coop della provincia, si troverebbe sotto soglia e dovrebbe aggregarsi in modo da raggiungere il livello minimo.

Si metterebbe in moto cioè un processo di fusioni molto più accelerato di quello attualmente in corso.

Fondi qualificate di Federcasse, pur confermando le voci che girano a Roma, tendono a escludere che una norma simile venga inserita nel decreto del governo, che dovrebbe basarsi sulla proposta di autoriforma avanzata dalla Federazione nazionale delle Bcc, a cui hanno dato un contributo Cassa Centrale e il credito coop trentino soprattutto sull'autonomia «risk based» delle singole Casse.

Decreto che, a quanto sembra, non dovrebbe essere sul tavolo dell'esecutivo questa settimana.

In Federcasse fanno notare che con la creazione del gruppo nazionale e della holding che garantisce la solidità del sistema, diventa meno necessario fissare livelli patrimoniali minimi per le singole Bcc. Fonti sindacali invece danno per probabile l'inserimento del patrimonio minimo.

Intanto Pietro Giuliani, il patron di Azimut, una delle maggiori società di gestione del risparmio con 3,2 miliardi di capitalizzazione in Borsa, dichiara all'Espresso: «Quando la riforma sarà stata fatta, noi saremo sicuramente interessati a entrare, come azionisti, nella nuova holding, o anche nelle nuove holding, se la legge stabilirà che saranno più d'una». Azimut quindi sarebbe stata disponibile a partecipare anche alla holding del gruppo proposto da Cassa Centrale. Ma ormai a Trento sulla possibilità di un gruppo autonomo si sono perse le speranze.

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