Per l'ex capo delle Poste una buonuscita di 6 milioni

Sono ogni giorno più numerosi coloro che si lamentano per i disservizi di Poste Italiane. Lettere che arrivano con ritardi biblici, giornali consegnati dopo giorni e giorni, sportelli che chiudono, paesi senza ufficio postale, orari impossibili.
Insomma, più che di servizio postale si dovrebbe forse parlare di disservizio postale.

Eppure... Eppure scopriamo che chi le Poste le ha guiddate fino a poco tempo fa, non ha subito particolari conseguenze per tutti questi problemi. Tutt’altro. Ce lo dice la Corte dei Conti nella sua relazione al bilancio 2013 della società: per l’addio all’amministratore delegato, Massimo Sarmi, Poste Italiane ha pagato circa 6 milioni di euro. L’accordo per la risoluzione del rapporto di lavoro con l’ex ad prevede infatti a titolo di incentivo all’esodo un importo lordo pari a 4 annualità e a titolo di indennità per il mancato rinnovo un importo lordo pari a un’annualità. Nel 2013 il compenso di Sarmi come «ad» è stato di oltre 1,18 milioni.

La Corte ci racconta poi altre cose molto interessanti: la contrazione dei volumi e il correlato calo dei ricavi registrati nel 2013, specie nel comparto della corrispondenza - pur se in parte connessi al processo di liberalizzazione del mercato postale ed al graduale spostamento delle comunicazioni dalla forma cartacea a quella elettronica - hanno portato, scrivono i magistrati contabili, a progressivi appesantimenti nei bilanci della Società a causa della sottostante rigidità dei costi fissi.

La dinamica dei risultati ottenuti nel 2013 è stata confermata dalla semestrale 2014 «e la perdurante contrazione dei volumi e dei ricavi della corrispondenza tradizionale è destinata a incidere pesantemente sui risultati del secondo semestre 2014. Conseguentemente, secondo le previsioni della stessa società, - prosegue la Corte - la redditività del 2014 dovrebbe attestarsi su livelli inferiori rispetto a quelli conseguiti negli ultimi esercizi».

«Siffatta situazione e l’avviato processo di quotazione in Borsa della Società - che dovrebbe essere definito nel corso del 2015 - postulano un rafforzamento dell’Azienda per una costante crescita ed un deciso miglioramento della qualità dei servizi tale da assicurare la piena soddisfazione della clientela». A giudizio dei magistrati, quindi, «appare necessario operare un rilancio dell’area dei servizi postali, contrastando il forte declino della corrispondenza tradizionale, il cui servizio dovrebbe comunque essere reso ai massimi livelli di efficienza, con interventi sui segmenti più promettenti quali il servizio di raccolta e consegna dei pacchi. La capillare presenza sul territorio, la fiducia della clientela costruita negli anni, il vasto impiego di tecnologie, l’innovazione dei servizi e la competenza delle risorse umane rappresentano i principali asset su cui continuare a far leva».

Dal punto di vista dell’azienda, l’obiettivo è arrivare in Borsa entro il 2015, mentre va avanti il piano strategico che in cinque anni porterà alla crescita di Poste Italiane con un fatturato verso i 30 miliardi di euro e oltre 3 miliardi di investimenti. L’amministratore delegato Francesco Caio ribadisce i progetti di sviluppo, mentre la Corte dei Conti mette nel mirino l’alto costo dei dirigenti, aumentato nel 2013 del 12% rispetto all’anno precedente. Una crescita dovuta «al significativo incremento sia per le competenze fisse (+4,1%) sia per le competenze accessorie (+18,4%), comprensive dei compensi incentivanti».

[[{"type":"media","view_mode":"media_original","fid":"206851","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"1744","width":"2598"}}]]

comments powered by Disqus