Contratto Casse rurali, la rivolta dei bancari

I dipendenti delle Casse rurali partecipano in massa alle assemblee - «anche il 90-95%» sottolinea Domenico Mazzucchi della Fabi - ed esprimono delusione e protesta per la decisione della Federazione Trentina della Cooperazione, su indicazione di Federcasse, di disdettare unilateralmente il contratto integrativo e, dal 1° febbraio, disapplicarne le clausole con effetti sulle buste paga. Ma anche tra presidenti e direttori delle Rurali, convocati venerdì per affrontare il problema, crescono perplessità e preoccupazione, soprattutto sulle modalità con cui la decisione è stata presa e sull'impatto che gli otto giorni di sciopero previsti avranno sull'immagine stessa delle Casse verso i soci e i clienti, oltre che sui conti.


Secondo una nota dei sindacati Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Uilca Uil «a distanza di 20 giorni dalla comunicazione della disdetta unilaterale dei contratti provinciali e a una settimana dall'avvio delle azioni di sciopero proclamate dal sindacato (il primo giorno previsto è lunedì prossimo 26 gennaio ndr ), aumentano all'interno e all'esterno del movimento del Credito cooperativo trentino lo sconcerto e le perplessità per l'iniziativa della Federazione di Trento». «Nessuno infatti riesce a capire - proseguono i sindacati - perché sia affidato a Federcasse Roma il compito di determinare unilateralmente le nuove condizioni economiche e normative con le quali, a partire dal prossimo 1° febbraio, sarà regolato il rapporto di lavoro dei circa 3.000 dipendenti trentini del settore, in sostituzione di un contratto provinciale rispetto al quale, fino a ieri, mai la Federazione trentina aveva espresso la necessità di una rivisitazione».


Secondo i sindacati, i lavoratori non ne fanno una questione economica. In una lettera firmata personalmente e in corso di invio in questi giorni a ciascun cda delle Rurali, si precisa infatti che la loro partecipazione alle proteste e agli scioperi «niente ha a che vedere con la necessità di nuove regole o con possibili sacrifici economici e normativi anche a nostro carico». In ogni caso, ricorda Mazzucchi, la disdetta non è un problema di risparmio: «Parliamo del 3-4% del costo del personale».

Lo sconcerto e la preoccupazione per gli effetti di questa decisione, affermano le organizzazioni sindacali, sarebbe ormai diffuso anche tra le forze politiche, con le quali i contatti sono in questi giorni «numerosi». Un'interrogazione è stata depositata in Consiglio provinciale e altre sarebbero in arrivo. L'allarme principale, rilanciato dai sindacati, è quello sulla «radicale revisione del concetto stesso di autonomia in un settore economico nevralgico e fondamentale quale quello del credito: le Casse Rurali rappresentano oggi l'ultimo sistema creditizio a diretta responsabilità locale».


Ma perplessità emergerebbero nello stesso credito coop. «Dalle dichiarazione dei diretti interessati registriamo infatti una netta e forte presa di distanza dalla iniziativa della Federazione da parte della larghissima maggioranza dei direttori e del personale dirigente trentino. Anche i cda e i presidenti di svariate Casse ci hanno espresso il loro vivo imbarazzo e la preoccupazione per la evidente perdita di peso politico del sistema trentino nel saper difendere e tutelare le specificità del proprio modello cooperativo». Alla luce di tutto questo, i sindacati ritengono possibile, anzi probabile, «che singole Casse e singole aziende aderenti alla Federazione Trentina prendano le distanze dall'attuale situazione».

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