Gestione degli acquedotti, Roma impone meno società

di Angelo Conte

Il decreto Sblocca Italia prevede una «mezza rivoluzione» come la definisce l'assessore provinciale agli enti locali Carlo Daldoss. La legge varata poche settimane fa definitivamente dal governo nazionale, infatti, prevede che entro fine anno, quindi tra meno di 20 giorni, la Provincia debba di fatto indicare un ambito unico all'interno del quale affidare, alla scadenza, i servizi di gestione degli acquedotti e delle fognature. Senza modifiche, si dovranno assegnare a poche società gli acquedotti e il servizio di fognatura. In questo modo verrebbero tagliate fuori tante aziende comunali o singole amministrazioni che stanno gestendo in proprio il servizio di fornitura dell'acqua e di gestione delle fognature.

«Il nostro tentativo - afferma lo stesso Daldoss - è sempre stato quello di applicare la norma di principio prevista dallo Stato attraverso però le competenze che ci vengono garantite dalla nostra autonomia. Nel senso che abbiamo cercato di mantenere la foto di quanto c'è in termini di aziende e società comunali, avendo come obiettivo il raggiungimento di principi di efficienza e qualità del servizio».

Lo Sblocca Italia, invece, impone di fatto alla Provincia di fare un'altra cosa, ovvero quella di individuare entro fine 2014 un ente di governo dell'ambito (in sostituzione dell'Ambito territoriale ottimale) altrimenti sarà lo Stato a farlo con potere sostitutivo.
Di fronte alla scelta dello Stato, quindi, la Provincia ha deciso di ricorrere alla Corte costituzionale, al fine di poter difendere la propria competenza primaria in materia di gestione dei servizi idrici. «Allo Stato diciamo che possiamo applicare i principi che propongono - spiega Daldoss - ma attraverso il filtro della nostra autonomia, ovvero decidendo noi come raggiungere i criteri di efficienza e qualità del servizio che sono contenuti nello Sblocca-Italia».

Martedì, di conseguenza, la giunta provinciale ha messo nero su bianco il mandato alla propria avvocatura di contestare di fronte alla Corte costituzionale il decreto legge Sblocca Italia.

I motivi sono spiegati nel provvedimento e riguardano la contrarietà al fatto che il decreto nazionale prevede «l'obbligo per le Regioni di individuare gli "enti di governo dell'ambito" entro il termine ultimo del 31 dicembre 2014 ed il correlativo potere sostitutivo statale per il caso di inadempienza delle regioni, nonché l'obbligo, per gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale, di partecipare all'ente di governo dell'ambito». In base alla norma, poi, il comma 1 bis, inserito nell'articolo 147, dall'articolo 7, comma 1, lettera b), numero 2), laddove disciplina il potere sostitutivo regionale, assegna a regioni e province autonome il compito di fissare il termine entro il quale gli enti locali devono aderire agli enti di governo dell'ambito ottimale. «Tale riferimento diretto alle Province autonome - afferma ancora la giunta nella delibera di opposizione alla legge - si pone in contrasto con le competenze statutarie».

Il problema è che, in base alle norme definite dalla legge nazionale sugli ambiti ottimali, le circa 192 gestioni oggi operative in Trentino sul fronte della gestione di acqua e fognature (dalle spa pubbliche al 100%, a quelle miste come Dolomiti Energia per Trento e Rovereto, alle gestioni in autonomia dei singoli Comuni) verrebbero ridotte moltissimo. A favore di concessioni dei servizi verso poche società che parteciperebbero alla gara per gestire il ciclo di acqua e fognature in casa. Finora gli ambiti ottimali non sono mai stati definiti per Trento: la Provincia se vincerà dovrebbe disegnarli sul profilo delle Comunità o delle associazioni dei Comuni. In caso contrario si apre la strada anche all'ambito unico.

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