Spettacoli / Teatro

Fra segreti e bugie, Paolo Calabresi racconta "Perfetti sconosciuti"

La pièce teatrale tratta dal film di Genovese va in scena al Sociale di Trento da stasera, giovedì 4 aprile, a domenica

di Fabio De Santi

TRENTO. Un tempo quella segreta, fra le nostre possibili vite, era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre sim. Cosa succederebbe se quella minuscola schedina si mettesse a parlare?

Sono queste le premesse di “Perfetti sconosciuti” lo spettacolo firmato da Paolo Genovese, tratto da uno dei suoi film più ispirati, in scena al teatro Sociale per la stagione del Santa Chiara di Trento oggi e domani alle 20.30, sabato alle 18 e domenica alle 16.

Durante una cena, un gruppo di amici decide di fare un gioco della verità mettendo i propri cellularis ul tavolo, condividendo tra loro messaggi e telefonate. Metteranno così a conoscenza l’un l’altro i propri segreti più profondi.

Protagonista un cast di rilievo formato da Dino Abbrescia, Alice Bertini, Marco Bonini, Massimo De Lorenzo, Anna Ferzetti, Astrid Meloni e l’attore Paolo Calabresi che ci ha raccontato qui le anche la genesi dello spettacolo.

Paolo Calabresi, come è stato coinvolto nella versione teatrale di “Perfetti sconosciuti”?

“Devo cedere alla mia falsa modestia (sorride l’attore romano classe 1964, ndr) e dire che sono stato in parte io il responsabile perchè questo spettacolo nasce in una maniera molto curiosa. Erano diversi anni che chiedevo a Paolo Genovese, con cui avevo già lavorato al cinema, di trasportare questo film in teatro ma poi non c'erano delle condizioni produttive legate ai diritti. Ho dedicato diversi mesi a questo progetto per portarlo a una produzione che ne facesse qualcosa di adatto alla portata e all'importanza del testo.  In questo senso mi sento anche un po' responsabile se non vi piacerà lo spettacolo”.

Come ha trasformato Paolo Genovese questo suo film di grande successio un una dimensione teatrale?

“Le differenze sono principalmente due. Una è tecnica perchè la macchina da presa nel film scava nei personaggi, negli occhi, nell'intimo grazie a piani stretti, piani a due, mentre a teatro si ha quello che in gergo cinematografico si chiama un perenne totale, senza primi piani, inquadrature strette ma è il pubblico che sceglie dove guardare ed è una differenza di fruizione importante”.

E la seconda?

“Si tratta della resa del pubblico perché si ride di più e non è una nostra scelta, è che a teatro le persone reagiscono in questo modo, forse proprio a causa delle inquadrature diverse. Quando si esorcizzano le disgrazie altrui si ride molto come con la classica buccia di banana: se non ci caschi tu ridi tanto, se ci caschi tu molto meno.

Succede esattamente questo: il pubblico pur rendendosi conto che si parla di una cosa che riguarda quasi tutti pensa sempre che si parla di tutti tranne che di sé, quindi ride delle gaffes, dei tradimenti ecc.. Alla fine in qualche modo  si rende conto che forse si parla anche di lui o di lei e cade un silenzio inquietante”.

Quattro copie di amici che si accorgono di essere appunto “perfetti sconosciuti”: una situazione che si cala nella realtà di oggi.

“Sono persone che si frequentano da una vita, dai tempi della scuole e si conoscono perfettamente ma in realtà non è così, anzi si disconoscono perchè nello svelamento del tradimento c'è anche una forma di non voler entrare nelle cose e l'essere obbligati a farlo provoca la frattura”.

C’è una morale in tutto questo intreccio di segreti e vite nascoste?

“Messaggio o morale sono parole molto pericolose ma quello che salta agli occhi è che se quell'area intima, solo tua, che ognuno di noi ha e che sempre avrà anche se si hanno delle relazioni strettissime e dei matrimoni felici, la si mette in un hard disk esterno diventa tutto molto più pericoloso e fragile”.

Cosa le piace del fare teatro?

“Pochi giorni fa ho scritto un post su instragram per la giornata mondiale del teatro che racconta come ho iniziato a farlo, il motivo assurdo e magico per cui ho iniziato. Per me è il riscoprire il modo in cui mi è stato insegnato da Giorgio Strehler che ha raccontato a noi allievi della sua scuola che questo lavoro è un gioco come lo fanno i bambini con grande serietà e con regole precise alle quali se deroghi i bambini non giocano più con te. Se ti distrai, se rispondi al cellulare un bambino smette di giocare con te. In teatro, in questo gioco in cui si fa finta di essere altri, è lo stesso”.

A quali progetti sta lavorando?

“Andremo avanti con "Perfetti sconosciuti" perché il successo che sta avendo è qualcosa di incredibile. Nel frattempo sto lavorando alla trasposizione cinematografica di un romanzo che ho scritto e che si chiama "Tutti gli uomini che non sono": il racconto romanzato di un certo periodo della mia vita in cui ad esempio mi sono finto Nicolas Cage solo per vedere una partita di calcio”.

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