Musica / L’intervista

Le inquietudini sonore del nuovo disco di Appino arrivano live al Teatro Sanbàpolis di Trento

Il lavoro racchiuso in «Humanize» verrà svelato sul palco mercoledì 6 marzo. L’artista: «Non dirò una parola fino alla fine durante il live. L’idea è quella di un viaggio. Insieme a “Il testamento” è l’unico disco programmatico della mia vita, non è figlio di un’urgenza espressiva del momento»

di Fabio De Santi

TRENTO. Scandagliare il concetto di “essere umani” con un titolo come “Humanize” che trae ispirazione da una funzione, presente in diversi software di produzione musicale, che prende impulsi midi quantizzati nel tempo e nella dinamica e li sposta impercettibilmente in modo casuale, simulando un errore costante.

Questo l'obiettivo di Appino, anima degli Zen Circus una delle band più amate del rock italiano degli anni duemila, atteso mercoledì 6 marzo alle ore 21 al Teatro Sanbapolis nell'ambito del tour legato al lancio del suo nuovo disco. Dalla lunga attesa fra i suoi lavori si è sviluppata la nostra intervista al musicista toscano.

Andrea Appino, che disco è Humanize?
«Ancora è presto per decodificarlo. Il tour non è appena iniziato e solo quando suono dal vivo comincio a capirci davvero qualcosa, i concerti mi conciliano con le canzoni. Di sicuro è insieme a “Il testamento” l’unico disco programmatico della mia vita, non è figlio di un’urgenza espressiva del momento. Nel primo caso ho voluto fare un concept sulla famiglia, partendo dalla mia, e in quest’ultimo lavoro sull’umanità. Non ci sono io come medium con le mie cose, i miei umori personali ma è un lavoro più strutturato, fatto di letture».

Dal punto di vista dei suoni come lo definirebbe?
«Ho allontanato il tipo di musica che già faccio con gli Zen Circus, non volevo stare all’interno di quella griglia però non è nemmeno vero questo. Quando ho pensato a un concept sull’umanità ho pensato a quale musica potesse rappresentarla al meglio e mi è venuta in mente la radio: hai presente quando sei in macchina e giri il pomello della radio e si sente un fruscio, poi un telegiornale, poi musica di un tipo e subito dopo di un altro? Ecco, volevo rappresentare un caleidoscopio che suonasse molto caldo e analogico e per farlo ho usato macchinari vecchi perché volevo che emergesse questo effetto della radio».

Quali forme avrà il concerto di Trento?
«Sarà un concept-live, vorrei che la musica fosse al centro del concerto, per questo non dirò una parola fino alla fine. L’idea è quella di un viaggio: il disco è pensato proprio per essere ascoltato dall’inizio alla fine in quell’ordine perché è tutto collegato e il live è lo stesso. C’è un lavoro molto bello di specchi ideato da Gabriele Spadini che nasconde anche un po’ me, proprio perché l’idea è di fare un viaggio, non di vedere il concerto di un cantante».

L'intervista completa domani (6 marzo) in edicola con l’Adige

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