Spettacoli / Intervista

Paolo Cevoli e “Andavo ai 100 all’ora”: in scena un percorso nella memoria personale

Parla il noto comico, che martedì 20 febbraio presenterà il suo nuovo show all'Auditorium di Trento: “Mi piace pensare e ripercorrere la mia storia. Penso che tutti noi abbiamo un compito nei confronti delle generazioni future, che è quello di essere le radici dell’albero, le radici sono la parte che dà la linfa, e aiuta i frutti a nascere”

di Fabio De Santi

TRENTO. Ha un titolo come “Andavo ai 100 all’ora” ispirato ai celebri versi canori di Gianni Morandi il nuovo show di Paolo Cevoli. Il comico romagnolo doc sarà sul palco dell’Auditorium martedì 20 febbraio per uno spettacolo, proposto da Fiabamusic in collaborazione con il Centro S. Chiara, all’insegna di un cabarettista che negli anni fra teatro e piccolo schermo ha saputo conquistare il grande pubblico (inizio ore 21).

Paolo Cevoli, classe 1958, nonno con due nipotini all’attivo, immagina di raccontare ai figli dei suoi figli com’era la vita quando lui era una bambino. Cose che oggi sembrano assurde: non c’era internet, i telefoni avevano la rotella, la televisione era in bianco e nero; non c’erano il politicamente corretto, la raccolta differenziata e gli apericena.

Paolo Cevoli, quanta nostalgia c'è in un titolo come "Andavo a 100 all'ora"?

“Non parlerei di nostalgia, quanto di memoria. Mi piace pensare e ripercorrere la mia storia. Penso che tutti noi abbiamo un compito, che è quello di essere le radici dell’albero, le radici sono la parte che dà la linfa, e aiuta i frutti a nascere. Ecco, credo che nei confronti delle generazioni che arrivano abbiamo questo compito”.

Ho letto che lei sul palco è una sorta di nonno boomer.

“Molto boomer, noi siamo i figli del baby boom, infatti i miei nipoti mi prendono sempre in giro per questo e così qui sono davvero un nonno boomer”.

Come era il Paolo Cevoli bimbo immerso negli anni '60, quali miti aveva?

“Di miti pochi, sicuramente ero un grande fan dei Beatles, di Raul Casadei, e soprattutto della nazionale di calcio italiana, che in quegli anni ha vinto pure il mondiale”.

La cosa che le manca di più di quegli anni?

“I miei genitori, che sono stati davvero un esempio per me. Ecco sono loro che tutti i giorni mi mancano”.

Fra gli aspetti di allora mancava il politicamente corretto: come si pone Paolo Cevoli su questo argomento piuttosto delicato?

“Penso che in Romagna non esista, l’unica cosa corretta da noi è il caffè”.

Rispetto ad un tempo a suo avviso è più difficile far ridere o no?

“No, penso che sia sempre difficile far ridere veramente, cioè far divertire le persone, perché ridere in generale è semplice, ridi anche con il solletico, ma far ridere di gusto è un’altra cosa”.

Il presente è sempre più virtuale e immateriale: come si trova il protagonista dello show in questo terzo millennio?

“In realtà io penso che il virtuale debba essere al servizio del materiale. Io non vivo rapporti virtuali, anzi, vivo e mi piace sempre vivere rapporti molto parlativi”.

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