Musica

Marky Ramone, a Trento il concerto più punk dell'anno: l’intervista

Unico sopravvissuto della leggendaria band, porta con i suoi Blitzkrieg l’energia ed i grandi classici degli anni Ottanta

di Fabio De Santi

TRENTO. Grande musica punk in città: Marky Ramone con i suoi Blitzkrieg sarà, per un live nel segno dei leggendari Ramones, venerdì 17 novembre all'Assicura Arena di Besenello.

Cresce l’attesa, con le prevendite che vanno a gonfie vele, per il concerto. La formazione guidata dall’ex batterista dei Ramones sarà venerdì 17 novembre, dalle 21, all'Assicura Arena Fly Music, per quello che è l’evento rock più importante dell’anno in Trentino organizzato da Giustamentelive Gius e Promoevent (Biglietti disponibili fino alle ore 13 del 17 e poi all'Assicura Arena nel giorno del live a partire dalle 19).

Il nome dei Ramones è infatti uno di quelli imprescindibili per la storia del punk rock di cui la band statunitense è stata per anni fra i protagonisti. Con i quattro membri originali della band, Joey, Dee Dee, Johnny e Tommy già deceduti, Marky Ramone, al secolo Marc Steven Bell, tiene con i Blitzkrieg ancora vivo il mito dei Ramones con il suo drumming ed un live fatto di una trentina di brani come ci racconta il musicista nato a New York nel 1956.

Marky quando è nato il progetto Blitzkrieg e quali obiettivi ti eri posto?

“La band è attiva da una quindicina d'anni, ci sono stati diversi cambi di formazione e ne hanno fatto parte storici musicisti come Michael Graves. Da tempo la line up è composta da Pela alla voce, Martin al basso e Marcelo alla chitarra e – senza togliere nulla ai precedenti membri – ritengo che abbiamo raggiunto una maturità e un equilibrio perfetti. Non avevo uno scopo preciso quando ho formato i Blitzkrieg, ho sempre pensato che i pezzi dei Ramones fossero troppo belli dal vivo ed è stato naturale tornare a suonarli. Mi diverto ancora a farlo e vedere che la gente è felice nell’ascoltarli rende felice anche me”.

Nella set list tanti brani dei Ramones ma c'è anche altro?

“Quello che proponiamo è un live di una trentina di pezzi dei Ramones più cover di classici come Do You wanna dance o Have you ever see the rain, tutti molto familiari ai fans; li suoniamo in pieno stile Ramones, con poche pause e uno stile tipo It’s Alive, molto anni ‘70”.

Quali sono i pezzi per te fondamentali dei Ramones, quelli che ti diverti di più a suonare?

“Sarebbe una lista molto lunga però voglio citarne tre: The KKK took my baby away, Rock’n’roll high school e I wanna be sedated”.

E il disco nel quale sei più orgoglioso di aver suonato?

“Sono orgoglioso di tutto quello che ho inciso con i Ramones, anche gli album meno riusciti. Ciascuno di questi ha rappresentato un gradino nella nostra storia e anche quando ci siamo espressi leggermente al di sotto dei nostri standard, abbiamo sfornato alcuni classici della band, tipo Psychotherapy”.

I Ramones appunto; qual era l'unicità di questo gruppo diventato leggenda?

“La risposta è molto facile, la nostra ricetta è stata da sempre molto easy, parlare al cuore della gente e non scendere mai a compromessi per vendere qualche copia in più o avere una heavy rotation sulle radio o su Mtv”.

La storia della band è fatta anche di tensioni e "scontri" come li hai vissuti?

“In ogni gruppo ci sono problemi e tensioni. Penso che la nostra forza sia stata non focalizzarci sulle negatività; in realtà, gran parte del tempo passato insieme ci divertivamo e sentivamo di essere fortunati per poter girare il mondo e suonare, senza che questo fosse mai stato percepito come un lavoro”.

Quale era il vostro rapporto con la politica?

“Ognuno di noi aveva le proprie opinioni, a volte opposte; ma c’era grande rispetto e anche quando sono stati affrontati temi “politici” nessuno di noi ha mai pensato di mettere veti perché non condivideva il testo di un pezzo”.

La cosa che ti manca di più dei primi anni in cui suonavi punk?

“Sono sempre stato molto soddisfatto della mia carriera sin da quando a 17 anni ho registrato il mio primo disco importante con i Dust; ho suonato in grandi band prima di entrare nei Ramones e per questo mi ritengo molto fortunato”.

E dei tanti anni con i Ramones?

“I Ramones mi mancano ogni giorno ma, se penso a quello che abbiamo fatto, ritengo che il percorso sia stato davvero completo. Probabilmente oggi il gruppo avrebbe un seguito maggiore, ma è importante che siamo ancora così popolari nonostante siano passati tanti anni dal nostro ultimo show. La cosa che veramente mi dispiace è che Johnny, Joey e Dee Dee non possano condividere tutto questo",

Il momento più emozionate quale è stato?

“Pensare a un solo momento emozionante in una carriera così lunga e intensa sarebbe ingiusto; direi che il veder crescere i Ramones e arrivare alla maturità artistica è stato motivo di orgoglio. Forse uno dei momenti più importanti è arrivato troppo tardi, intendo l’ingresso nella Rock’n’Roll Hall of Fame; siamo stati il primo gruppo punk a ricevere questo riconoscimento che, però, è arrivato dopo il nostro ritiro dalle scene e dopo la prematura scomparsa di Joey".

Come hai vissuto e vivi il rapporto con i fan?

“Non esiste un gruppo se non ci sono fans. I nostri sono stati da sempre qualcosa di speciale, fedeli e presenti nel corso degli anni; a loro abbiamo anche dedicato un pezzo negli anni 80 (uscito poi diversi anni dopo, nel 1992). Non abbiamo mai sentito la presenza come un'invasione delle nostre vite, anzi era carburante per andare avanti. Sapere che potevamo sempre contare su di loro e che ancora adesso ci sono. Personalmente, ho scoperto la popolarità del gruppo in Paesi dove non avevamo mai avuto l’opportunità di suonare e dove sono andato in tour con la mia attuale band. Una gran bella soddisfazione”.

Ma ci sono dei nuovi Ramones nella scena statunitense di oggi?

“Non ce ne sono. Probabilmente perché il contesto storico non è favorevole per la nascita di un movimento come è stato il punk nei primi anni 70. Ci sono molti buoni gruppi ma non vedo nessuno che possa essere il leader di una rivoluzione musicale”.

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