L’evento / L’intervista

Radius, pietra miliare della musica

In questa intervista Alberto Radius, romano classe 1942, ci racconta gli anni con Battisti, anche quelli al fianco di Battiato e la sua passione per la chitarra

di Fabio De Santi

TRENTO. Lucio Battisti, Franco Battiato, Marcella Bella, Pierangelo Bertoli e anche il "nostro" Goran Kuzminac. Questi alcuni degli artisti legati ad Alberto Radius uno dei chitarristi che ha fatto la storia del rock italiano con la Formula 3 lavorando per anni al fianco del duo Battisti - Mogol.

A quel repertorio unico si lega il live di domenica 16 ottobre alle 14, a Sant'Anna di Sopramonte per il Monte Bondone Green Festival, dedicato quest'anno alla memoria di Aldo Cappelletti, in una giornata di musica, festa e cibarie aperta alle 11 dal concerto dei Cavalieri Erranti la band trentina guidata dalla voce di Giuliano Bottura. In questa intervista Alberto Radius, romano classe 1942, ci racconta gli anni con Battisti, anche quelli al fianco di Battiato e la sua passione per la chitarra.

Alberto Radius, cosa racchiude il set sul Bondone?

«Sono diversi anni che propongo questo live giocato sui pezzi intramontabili di Lucio Battisti. Ho inserito in scaletta solo i brani a cui ho collaborato, non possiamo certo farli tutti, perché Lucio ha inciso oltre trecento canzoni. Da "Un'avventura" a "Una donna per amico" però c'ero quasi sempre al suo fianco, nel senso che anche quando non suonavo insieme a lui, Lucio mi voleva presente per qualche consiglio. Per esempio in "Mi ritorni in mente" quando c'è la parte dei fiati che in Italia non riuscivamo a trovare, ho proposto dei canadesi con cui avevo lavorato».

Quale è stata la sua grandezza?

«Lucio ha inventato una maniera di cantare tronca: se uno sente la nostra lingua è un po' penalizzata rispetto all'inglese perché non abbiamo molte parole tronche da utilizzare, invece lui e Mogol riuscivano a trovare delle situazioni linguistiche che esprimevano tutto quanto. Per capirci: Al Bano è un tenorino che canta melodico della scuola di Claudio Villa che va benissimo ed è tipico della canzone italiana famosa nel mondo ma le sue canzoni finivano tutte col vibrato. Battisti invece aveva sparigliato le carte, eliminato tutte queste cose».

Quanto le manca l'amico Battisti?

«Tantissimo perché mi ha insegnato tante cose. Era molto sensibile all'amicizia. A volte era un pochino criptico perché i suoi ragionamenti erano più per se stesso che per gli altri, per far capire che quella era la musica vera e credo ci sia riuscito».

Come vede a distanza di anni il rapporto Battisti - Mogol?

«Insieme sono riusciti a scrivere delle cose che gli altri si immaginavano. Nei testi si racconta molto della vita di Mogol che rimane sempre un grande autore anche se poi dopo ne sono arrivati molti altri. Loro due avevano questo segreto di trovarsi da soli, Lucio era uno stacanovista del canto, provava cento o duecento volte e quando arrivava in studio sapeva già tutto su come cantare o sull'arrangiamento. Certo poi ti scontri con la realtà che non è come vuoi tu ma la maggior parte delle volte riusciva a fare quello che voleva lui».

Cosa la spinge, passate le ottanta primavere, a salire ancora su un palco con la sua chitarra?

«Mi capita di addormentarmi con un motivo in testa e di svegliarmi con lo stesso motivo, allora prendo la chitarra per vedere cosa succede perché mi piace proprio la musica, l'attenzione del pubblico. Non intendo il bagno di folla alla Baglioni, io preferisco dieci persone che sappiano qualcosa in più di musica e che siano compiacenti con quello che mi va di fare che è abbastanza particolare e poi rifare Lucio è difficile».

Un consiglio che si sente di dare a un ragazzo per suonare bene questo strumento?

«Bisogna fare la gavetta, tanta gavetta, non studiare per forza in una delle scuola di musica che ora come ora proliferano. E' molto difficile fare questo lavoro in un mondo della musica che è totalmente cambiato. Anche oggi bisogna faticare, essere pronti alle delusioni e ripartire».

Nel suo passato anche una lunga collaborazione con Franco Battiato.

«Ho lavorato nei primi sei dischi di Battiato da "L'era del cinghiale bianco" fino a "Mondi lontanissimi". Sono stato fortunato a lavorare con due geni come Battisti e Battiato e mi rattrista pensare che entrambi se ne sono andati troppo presto, soprattutto Lucio, che aveva tante cose in testa. Ho lanciato uno spettacolo, con nove musicisti, dedicato proprio a Battiato e spero di portarlo a breve anche in Trentino».

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