Parlano i ragazzi dello Stato sociale: «Siamo a Sanremo per fare spettacolo. La nostra ironia è antica e nobile»

di Emanuela Castellini

SANREMO - Sono colti, ironici, impegnati politicamente i cinque ragazzi bolognesi de Lo Stato Sociale che formano una band senza leader, curiosi della vita, «con l’ingenuità della sorpresa». Tre anni dopo il debutto al festivalone si rimettono in gioco con il teatro svalvolato del “Combat pop”. Un brano che ieri con il vocalist Alberto “Albi” Cazzola ha spiazzato grazie a una performance particolare che - dopo «Una vita in vacanza» e «La vecchia che balla» con la quale si classificarono secondi conquistando grandi e piccini – dovrebbe avere la capacità di farli risalire sui gradini più alti del podio.

Ma il gruppo della città che ha dato i natali a Giorgio Morandi, Marcello Malpighi, Laura Bassi e Lucio Dalla di cui oggi ricorre il compleanno, con la loro satira scanzonata dal ritmo indiavolato questa sera si esibiranno con la cover di «Non è per sempre» degli Afterhours con Sergio Rubini e i lavoratori dello spettacolo, per noi si raccontano.

Voi che usate l’ironia, qual è il modo migliore per esternarla?

«Sicuramente nella canzoni, nel modo di fare, però all’ironia è cosa buona e giusta aggiungere un obbiettivo: farla tanto per farla non significa nulla, esternarla verso chi è potente, traducendolo in satira è un senso antico e nobile. Quindi noi proviamo a fare così. Non dobbiamo essere noi a dire se facciamo bene ma proviamo mettercene dentro dovunque e comunque».

Come state vivendo questo lungo periodo di chiusura dei teatri, dei cinema, dove non si può più fare musica live?

«Far viaggiare la propria mente e la propria creatività è una costrizione, anche se l’abbiamo vissuta un po’ da privilegiati. Ci auguriamo che da questo Sanremo in poi si riesca a far arrivare all’attenzione di chiunque la necessità di trovare al più presto un modo per far girare la cultura non solo dell’ambiente musicale ma di tutto il comparto».

Irama non si è esibito dal vivo ma in un video registrato durante la prova generale di lunedì causa positività al tampone di un suo collaboratore anche se il cantante è sempre negativo al terzo tampone. Cosa pensate di questa eccezione?

«Il grande “filosofo” Vujadin Boskov diceva: “Fallo è quando arbitro fischia” tutti noi abbiamo accettato un regolamento stringente, ma anche è vero che non è la legge italiana. Pensiamo che sia una buona soluzione e che sarebbe stato un ingiusto eliminarlo. Noi siamo una band ipergarantista e non ci piace colpevolizzare le persone come non ci piacciono le tribune pubbliche: è un Festival della canzone. Con tutte le cose vere che ci sono nella vita da affrontare non sopravvalutiamo il tema della gara che è un espediente drammaturgico per raccontarla: siamo qui a fare uno spettacolo. Poi, per come la pensiamo se possiamo arrivare ultimi come Vasco Rossi con “Vita spericolata” vogliamo arrivare ultimi tutta la vita. E calcola che siamo una band di sinistra e nei sondaggi siamo lo 0.1».

Voi che siete “una band di sinistra” ci dite almeno una cosa di sinistra?

«Aldilà dei diritti dei lavoratori che vedrete in scena sarebbe bello avere un reddito universale che non sia solo il reddito di cittadinanza».

Quindi?

«Non vuole essere un reddito fatto male come questo in vigore pensato per il nostro Paese, ma dare alle persone il potere di uscire dalla miseria, di essere davvero all’interno di un welfare state, autentico».

Cosa indossate per dormire: siete nudi come i duri e puri di sinistra oppure no?

«Mettiamo i pigiamoni comodi e caldi».

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