Il Mart riparte da Boldini, ma Sgarbi vuole un Caravaggio, poi Chiara Ferragni a fare Venere

di Luisa Pizzini

«Il Mart è il primo museo in Italia a riaprire ed il primo anche per la proposta espositiva». Vittorio Sgarbi, presidente del Museo d’arte moderna e contemporanea,  ha concluso così la presentazione fiume che ha organizzato per annunciare la riapertura al pubblico (da ieri, in sicurezza e su prenotazione nei giorni feriali) ma soprattutto per anticipare le mostre in divenire. Sia quelle già passate al vaglio del consiglio d’amministrazione e quelle che sono in cima alla lista dei suoi desideri.

La conferma della zona gialla che garantisce misure anti Covid meno restrittive ha permesso questo nuovo inizio, al quale Vittorio Sgarbi ha lavorato molto dietro le quinte in un dialogo continuo con il ministero. E ora il critico d’arte rilancia: «Vaccinati e immuni potrebbero entrare liberamente nei musei».
Il Mart ricomincia «da dove si era interrotto il rapporto tra le opere d’arte ed i visitatori, il 14 novembre scorso». E metterà alla prova i trentini, dal momento che soltanto loro potranno prenotare una visita al museo finché non si tornerà a muoversi anche per ragioni culturali e turistiche tra le regioni. Ad attenderli ci saranno le opere di Caravaggio, compresa una duplice copia del “Seppellimento di Santa Lucia” tornato nel frattempo in Sicilia e, dal lunedì successivo (25 gennaio), anche dall’inedito dipinto dello stesso artista che verrà esposto per la prima volta in un museo: è quello che Sgarbi ha definito «la più bella versione della “Maddalena in estasi”». Ne esistono quattro versioni e questa arriva da un’importante collezione privata «e sarà un’altra festa».

«Per ora accontentiamoci di queste concessioni ai sudditi che vengono fatte dal governo a cui ci hanno abituati contro i diritti costituzionali» ha commentato Sgarbi, che come suo solito non ha risparmiato toni polemici nei confronti delle disposizioni anti Covid che lui reputa troppo restrittive. In questo caso soprattutto per l’apertura limitata ai giorni feriali. Ripreso davanti alle opere di Giovanni Boldini, la nuova mostra già pronta al secondo piano, ieri ha aggiunto: «I musei, in una legge del 2015 sono considerati servizi essenziali esattamente come i trasporti e gli ospedali. Non risulta che i quadri contagino e soprattutto sono una cura chiara per la testa, per il pensiero. Tutto questo nel caso del Mart è ancora più drammatico perché avevamo impostato con grande impegno la mostra del Caravaggio proposto in un confronto con il grande maestro dell’Informale italiano Alberto Burri e in un rimando tra immagini, simboli e affinità sulla vita e la morte di Pier Paolo Pasolini. Ancora più angoscioso aver mondato la mostra di Giovanni Boldini: per due mesi queste donne bellissime che ha dipinto sono rimaste qui, in attesa».

Ma in questo percorso di accostamento tra antico e moderno scelto dal presidente e dal Cda del museo, Sgarbi ha già delineato le prossime tappe. Annunciatealla vigilia della riapertura, per sottolineare che nelle grandi stanze dell’arte il lavoro non si è mai fermato. «Da qui in avanti in occasione delle successive proposte arriveranno la mostra di Raffaello con la presenza di Picasso, Dalì e De Chirico a intendere quello di cui Raffaello ha nutrito l’arte novecentesca e poi la mostra di Botticelli con la presenza, in carne ed ossa o in riproduzione, di Chiara Ferragni davanti all’opera della Venere. Per mostrare come queste figure di grande richiamo e grande influenza, dette appunto influencer, possano dar segnali anche verso l’arte antica. Senza pensare che sia lei a farci lezione su Botticelli, vogliamo sentire la posizione psicologica di un giovane nei confronti della Primavera di Botticelli, che è la chiave di quella mostra».

Quest’ultimo evento è atteso per l’inizio di maggio e continuerà quello che il presidente Sgarbi ieri ha definito come «il tentativo di tenere la rotta della contemporaneità». Un itinerario di viaggio che, come tappe successive dall’autunno in poi, toccherebbe Canova (secondo centenario della morte), Depero e gli inganni del più grande falsario del rinascimento Alceo Dossena.

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