Cristiano Dalla Pellegrina: "Dopo il lockdown il rock deve tornare a respirare la dimensione live"

di Fabio De Santi

Dopo quasi due anni passati a macinare live, fra palazzetti e teatri, legati al loro decimo album “Desert Yacht Club” i Negrita, lo scorso marzo, stavano per chiudere il loro tour. Ma l'uragano coronavirus che ha sconvolto le vite di tutti noi ha impedito alla band toscana di tenere gli ultimi tre concerti prima di staccare, almeno per un po', la spina. Ce lo racconta in questa intervista il batterista dei Negrita Cristiano Dalla Pellegrina che ha trascorso gli ultimi due mesi nella sua casa di Trento dedicandosi, anche, allo studio, punk style, del basso.

Cristiano Dalla Pellegrina, cosa stavano combinando i Negrita al momento del lockdown? 

<A febbraio quando ha incominciato a manifestarsi anche in Italia il covid eravamo impegnati nel nostro tour. Tutto sommato però ci è andata anche di lusso, rispetto ad altri colleghi, perchè delle 27 date in programma siamo riusciti a farne 23. Ci è ovviamente dispiaciuto non poter salutare il nostro pubblico e chiudere il tour: ora ci preoccupa l'idea, allo stato attuale delle cose, di non poter tornare, per chissà quanto, a suonare live>.

Quindi tutto si è fermato anche per voi: avete lavorato in remoto oppure no? 

<Il 2 marzo sarebbe stata la nostra ultima data e di conseguenza i programmi dei Negrita prevedevano un momento di pausa dopo due anni puttosto intensi anche on stage considerando che il nostro ultimo disco è uscito nel 2018. Questi mesi dovevano comunque servire per riflettere e ragionare sulle nostre prossime mosse. Il futuro è difficile da decifrare per tutti perchè si naviga a vista. Ci stiamo prendendo il nostro tempo: ci sentiamo quasi tutti i giorni per parlare, discutere e confrontarci. Aspettiamo come tutti, musicisti e non, dei segnali su cosa questo maledetto virus ci permetterà di fare e quando e in quale modo ce lo permetterà>. 

Sul fronte dei live invece la situazione sembra ancora molto complessa e c'è chi guarda direttamente al 2021: ma il mondo della musica può reggere così? 

<In questo momento nel nostro settore sono in tanti a pensare al prossima anno e fa male dirlo considerando che siamo solo ad inizio maggio. Credo che nel 2020, se va bene, si potrà fare poco e se va male non si potrà più suonare live. Questo significa che tutti coloro che gravitano intorno alla musica saranno fermi per un lungo periodo. Se i grossi artisti in qualche modo se la caveranno è preoccupante la situazione di una miriade di persone che lavorano nel settore e per chissà quanto non avranno uno stipendio. Dietro ad un concerto, ad uno spettacolo teatrale, ad un film c'è l'impegno di persone che non si vedono ma sono imprescindibili. Le prospettive sono cupe e, a quello che sappiamo oggi, non credo che il settore possa reggere se non con un supporto economico a livello europeo e italiano>. 

Diversi musicisti più o meno celebri si sono affidati ad una dimensione virtuale: dirette sui social: qual'è il tuo parere su questo modo di far musica?

<In questo frangente gli strumenti digitali sono stati fondamentali anche per i musicisti attraverso video, dirette, registrazioni. Anche Pau e Drigo dei Negrita hanno partecipato alla realizzazione  del brano “La vita è meravigliosa” sotto la sigla di Artisti Riuniti con il ricavata donato alla Protezione Civile Italiana. In qualche modo si è fatta di necessità virtù in un modo stimolante per gli artisti ma non credo si possa andare avanti così per molto. Da vecchio rockettaro penso che per la gente a cui piace la musica sia fondamentale la musica live, l'aggregazione, il ballare e sudare insieme. La tecnologia non salverà il rock, ma per ora, per fortuna, lo mantiene in vita e questo, oggi, è fondamentale>.

 

Oltre che nei Negrita da sempre lei anima con diversi progetti, specie cover band, la scena trentina : trovare spazi per suonare in Trentino era difficile prima del covid, anche per mille problemi burocratici, e ora? 

<Credo che buona parte della provincia italiana sia nella nostra situazione per quanto riguarda gli spazi per suonare con alcune eccezzioni. La burocrazia senza dubbio pesa ma la speranza è che quando si potranno riaccendere gli amplificatori ci sia la voglia di ripensare molte cose da parte di tutti: dai gestori dei locali, ai musicisti, dalle istituzioni alle gente che uscirà di casa con un entusiasmo, speriamo, nuovo anche per la musica>.

I dischi che ha ascoltato di più in questo periodo di quarantena? 

<Negli ultimi due mesi di casalinghitudine ho messo da parte la batteria e mi sono dedicato al basso e allo studio in particolare del suono del "punk and roll" di gruppi come Ramones, Sex Pistols e Misfits>.

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