Enrico Brignano il 31 gennaio al Palaresia di Bolzano

di Fabio De Santi

Enrico Brignano è atteso, per l’unica data in regione, il 31 gennaio al Palasport di Bolzano. L’artista romano presenterà Un’ora sola vi vorrei il nuovo one - man show in cui sfida e rincorre il tempo. A spasso nel suo passato, tra ricordi e nuove proposte che rappresentano un ponte gettato sul futuro, Brignano saltella tra i minuti, prova a racchiudere il fiume di parole che ha in serbo per il suo pubblico e a concentrarle il più possibile in un’ora e mezza di performance.

Brignano, com’ è nato «Un’ora sola vi vorrei»?

«Come mi accade tutte le volte, si accende un’idea in testa e la seguo. Mi sono guardato intorno, in un giorno in cui stranamente non ero di corsa, e quello che ho visto mi ha fatto riflettere: la gente aveva fretta e, in questa concitazione, non si curava degli altri, guardava senza vedere, perdeva la dimensione più umana. Questa cosa mi ha un po’ spaventato, perché io stesso di solito sono così. Allora mi sono detto: io, a fermare il tempo, ci voglio provare. Voglio ritagliarmi una nicchia, chiedere l’attenzione ed esortare me stesso e gli altri a non passare e basta, ma a gustarsi anche il viaggio. Parafrasando la pubblicità di un famoso amaro, Il tempo è meglio goderselo che misurarlo».

E che show ha preso forma?

«Uno spettacolo sospeso nel tempo, in cui si guarda al passato, ricco di personaggi, di storia, di ricordi, e ci si proietta nel futuro, nel domani, portando dietro le spalle uno zainetto di speranze per i nostri figli in un mondo difficile. In mezzo a passato e futuro, ovviamente, ci sono il presente, il palcoscenico, la mia compagnia di attori e ballerini e anche io, che cerco di divertire e a divertirmi insieme al pubblico».

Cosa la diverte maggiormente nel contatto con il pubblico?

«Il mio è uno spettacolo work-in-progress: mi diverto a sperimentare. Ho un copione, certo, ma ogni sera aggiungo qualcosa e ne tolgo qualcun’altra, improvviso una battuta sul momento e vedo l’effetto che fa, costruisco pian piano nuovi pezzi. E il pubblico è il mio termometro istantaneo, il mio giudice più severo ma anche il più generoso. Qualche volta capitano delle risate così sonore e contagiose che mi costringono a fermarmi e a osservare la persona che le genera. Allora so che sono sulla strada giusta. E poi, avete idea di quanto sia appagante divertire qualcuno?».

Quanto è difficile far ridere gli italiani oggi?

«La società è cambiata, ma dappertutto, non solo in Italia. Ci sono più mezzi per conoscere, vedere, informarsi e dunque il senso dell’umorismo è evoluto. Ma anche noi comici siamo evoluti con lui. Ma i meccanismi, e a volte anche i temi - che divertono, sono sempre gli stessi, anche se vestiti a nuovo. Il fatto che la crisi politica ed economica ci attanagli da un po’ rende forse le persone ancor più desiderose di prendersi una pausa e divertirsi».

La sua voce è quella del pupazzo di neve Olaf nel campione d’incassi «Frozen 2 »: le piace il ruolo di doppiatore?

«Moltissimo. Giocare con la propria voce, modularla, per interpretare un personaggio così divertente poi, è bellissimo. Da quando è nata mia figlia, prestando la mia voce a Olaf penso a lei, se le piacerà, se da grande ne sarà orgogliosa... per il momento, guarda i video di back stage e mi imita, vuole indossare le cuffie. Poi le mette sul pancino invece che in testa, ma che c’entra? Nessuno è perfetto».

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