Guccini ospite a Palermo: "Piaccio a Salvini? Non è mica colpa mia"

Tradizione vuole che dove c'è Guccini ci sia vino. Anche a Palermo il protocollo è stato rispettato: nell'atrio del Conservatorio Scarlatti, che per due giorni ospita il cantautore modenese, campeggia una grande botte di cioccolato che contiene un robusto rosso siciliano. Una vera scultura, realizzata dal maestro pasticciere Nicola Fiasconaro, uno che a 16 anni andava a Pavana sperando d'incontrare l'autore della "Locomotiva". Il 14 giugno Guccini compirà 79 anni: "Sono nato quattro giorni dopo l'entrata dell'Italia in guerra". E alla conferenza stampa si comincia dalla storia che rischia di farsi attualità: "Non credo che il Paese sia ripiombato nel fascismo - dice, seduto accanto alla moglie Raffaella Zuccari - però si sente l'aria e mi preoccupa il razzismo di una fascia della popolazione, cavalcato dai politici". Quando il discorso scivola su Salvini e sulla dichiarata passione giovanile del ministro dell'Interno per le canzoni di Guccini, il cantautore, serafico, spiega: "Non è mica colpa mia. Con le dovute differenze, anche Dante è stato letto da cani e porci".

Il Conservatorio di Palermo lavora da quasi un anno a un progetto che vede protagonista il cantautore. I docenti della Scuola di composizione, Marco Betta e Fabio Correnti, hanno preparato coi loro allievi alcuni arrangiamenti in varie chiavi (dal jazz al rock all'elettronica) di suoi brani e domattina al teatro Politeama, studenti e maestri si esibiranno, insieme all'attore "cuntista" Salvo Piparo e al puparo Nicola Argento. Guccini sarà spettatore, dopo che oggi per quasi due ore ha raccontato a giornalisti e studenti un po' di storie della sua vita: da suor Carmelina, che nel 1948, al catechismo, a una domanda sull'aldilà gli spiego che madre Genziana, appena morta, sapeva tutto. "Che culo!", rispose il ragazzino d'allora che oggi si definisce agnostico. "Agnostico, non ateo: è meno impegnativo". Eppure, se gli si chiede chi nel nostro tempo possa essere considerato un eroe, risponde: "Papa Francesco. L'ho incontrato a un'udienza, con molte atre persone, e quando è stato il mio turno gli ho recitato un piccolo brano del poema argentino 'Martin Fierro'".

Non voleva fare il cantautore, dice, ma lo scrittore: "Mi è andata bene, perché l'esser diventato noto con la musica mi ha consentito di scrivere libri che, col cavolo, m'avrebbero altrimenti pubblicato". E quando qualcuno manifesta l'emozione d'averlo di fronte, in carne e ossa, ricorda che a fine anni Settanta, durante una tournée in Sicilia, si perse per le strade di Enna e chiese ai passanti dove fosse il concerto di Guccini. Gli risposero: chi?, i Cugini di Campagna? Sulla musica d'autore ai nostri tempi, ha poco da dire: "Non esiste, esiste il Rap che sforna anche cose buone". Lui, che non conosce il mondo dei social ("non ho telefonino, non ho la patente, penso che la televisione sia il lato negativo di questo secolo: dovrei essere una specie protetta dal Wwf"), conserva un estratto del suo certificato di nascita, che gli fu richiesto per il matrimonio, "su quel foglio di carta è scritto 'Razza ariana', e coi tempi che corrono è meglio custodirlo bene".

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