Il monte e la croce, simbolo universale

Sulle tracce di un simbolo universale e misterioso inciso sugli architravi dei masi di Primiero. ù

Oggi la memoria locale non conserva né il preciso significato, né la denominazione del pittogramma che unisce monte e croce. Non solo: anche la sua presenza è talora invisibile, persino ai proprietari degli edifici.

Nel foyer della Casa della Sat a Trento (via Manci) fino al 30 agosto la mostra fotografica «Il monte e la croce» vuole riproporre all’attenzione di tutti (proprietari e residenti, ma anche ospiti e istituzioni) un patrimonio epigrafico e simbolico che rischia l’oblio. Perciò le immagini sono accompagnate da domande e ipotesi interpretative che sottolineano la ricchezza e le stratificazione di significati del simbolo.

Il monte e la croce sembrano esprimere la volontà di marcare un’intersezione simbolica tra spazio e tempo che definisce così un centro sacro del maso. Un baricentro attorno al quale ruotavano, un tempo, l’allevamento bovino e le mille altre occupazioni e crucci della gente di montagna. A partire dal XVI secolo si afferma in Primiero (Trentino orientale) l’impiego di un simbolo costituito da una croce che poggia sopra un monte stilizzato, un semplice arco di cerchio aperto verso il basso.

Le testimonianze di questo pittogramma giunte sino a noi non sono molte: in tutto 117. La loro area di diffusione è circoscritta ai masi (i maggenghi di mezza montagna) di pertinenza degli abitati di Siror, Tonadico, Transacqua e Mezzano.

Il simbolo compare solo all’interno dei milèsimi: enigmatiche iscrizioni simili ad acronimi, recanti la data di costruzione degli edifici ed incise sulle architravi lignee dei fienili. Di solito posto in asse sia alla data, sia alla porta, sia alla facciata del fienile, il simbolo forza la collocazione e determina lo sviluppo del resto dell’iscrizione.

Le prime testimonianze del simbolo appaiono verso metà Cinquecento, ma il suo impiego si diffonde e consolida soprattutto tra 1730 e 1930. A due secoli di fioritura (non a caso parallela all’espansione dell’allevamento bovino), seguiranno un declino repentino e (dagli anni Settanta del Novecento in poi) un curioso revival legato al riuso dei masi come case da vacanza.

Salvo rare eccezioni, simbolo e iscrizione sono incisi a scalpello sugli architravi in abete o larice dei fienili. Più di rado, monte e croce trovano collocazione sulla pagina inferiore delle travi di colmo dei tetti. Forma e altezza di simbolo ed iscrizione variano a secondo dell’epoca. Ai milèsimi laconici e minuti del Cinque-Seicento, succedono quelli più prolissi e monumentali del Settecento, per poi tornare alle più sobrie scritture d’Otto-Novecento. Accanto alla data, i milèsimi alternano (secondo un codice preciso, un tempo comprensibile a tutti) espressioni stereotipate come fece, fece fare, l’anno..., alle iniziali di proprietari, committenti o esecutori dei lavori.

Sembra quindi probabile che le iscrizioni più accurate ed eleganti siano opera di marangoni, i maestri d’ascia specializzati nella lavorazione del legno. Tuttavia, in altre occasioni, un certa incertezza esecutiva suggerisce che le scritte siano opera dello stesso proprietario ed auto-costruttore dell’edificio.

Gli autori
Gianfranco Bettega è nato e vive a a Primiero dove, da quarant’anni, svolge ricerche sulla storia del territorio, dell’architettura e sui segni del sacro.

Marco Ongaro, nato a Monza, vive a Primiero, dove è giunto quarant’anni or sono per una campagna fotografica sull’architettura locale e dove ha deciso di rimanere.

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