«Band rock a Trento: mancano sempre spazi live» Il grido dei musicisti: dai politici promesse vuote

La protesta dei musicisti

di Matteo Lunelli

Sei un cantante solista o al massimo fai parte di un duo? Suoni uno strumento acustico senza usare un amplificatore? Sei tendenzialmente narcolettico e al massimo alle 20 vai a dormire? E, ovviamente, non hai fan o amici che vengono a sentire i tuoi concerti? Allora Trento è la città che fa per te, la location perfetta per la tua musica, di qualsiasi genere sia!

Viceversa, se fai parte di una qualsiasi band composta da più di quattro elementi e hai la pretesa di suonare la sera, amplificare i suoni della tua chitarra e (addirittura) avere un pubblico di fronte, allora lascia perdere e cambia città.

La questione della musica a Trento va avanti ormai da decenni e all’orizzonte non sembrano esserci novità. Con l’arrivo dell’autunno terminano i festival all’aperto e le possibilità di suonare nei giardini dei vari pub e locali: ci vorrebbero soluzioni al chiuso, ma le regole molto restrittive e gli spazi spesso non sufficienti creano non poche difficoltà.

Massimo Fontanari, voce dei Rebel Rootz, una delle band più in voga del momento, è subito chiarissimo: «Finita l’estate è finita anche la nostra attività in provincia». I Rebel Rootz hanno tanti amici e tanti fan che li seguono, ma hanno una grave colpa: sono in sei. E locali al coperto che possano ospitare un gruppo così sostanzialmente non ce ne sono. «Stiamo studiando un’alternativa per presentare uno spettacolo a ranghi ridotti, magari in tre e in versione acustica per poter lavorare un po’ in città, ma non vogliamo che questa diventi una prassi». Insomma, più bravo sei, più seguito hai e meno possibilità hai di suonare.

«Esattamente, è paradossale ma vero. Una volta facevamo venti date ogni anno in zona città, adesso ne facciamo un paio l’estate e basta. Per chi fa musica è sempre più difficile: l’altro giorno c’era un dj set a Gardolo e alle 23.45 è arrivata la polizia. Alla fine era tutto in regola, ma qualcuno aveva chiamato le forze dell’ordine e il concerto è stato interrotto. Io facevo parte dell’organizzazione del RainFest sul doss Trento e gestire il tutto non è stato facile, tra burocrazia e permessi. E alle 23.30, stop alla musica. Eppure il luogo era piuttosto isolato…». Soluzioni? «Con il progetto I Know A Place stiamo cercando un dialogo tra musicisti, cittadini e politica. Speriamo funzioni».

Se sta funzionando o no lo chiediamo a Stefano Bannò, ovvero Anansi. «Da quando, in aprile, ci sono stati gli incontri prima delle elezioni, non è cambiato nulla. Ovviamente sappiamo che alcune cose non possono essere cambiate in fretta e in questi mesi tra formazione delle commissioni e vacanze, c’è stato poco tempo. Lasceremo trascorrere ancora qualche settimana prima di tornare all’attacco. Noi abbiamo tentato un approccio all’insegna del dialogo, però sappiamo di non avere alcun peso politico. D’altra parte non esiste un Ordine dei Musicisti, come ci sono quelli di medici, giornalisti o avvocati che possa diciamo difendere la musica».

Chi ha perso un po’ di fiducia nella volontà politica di cambiare le cose a Trento è Renato Labalestra, storico chitarrista della scena locale e attivo con varie band e progetti, dai mitici Articolo 3ntino ai Radiottanta, passando per Acoustic Drunk e Don’t Panic. «Non credo ci sia la volontà di sistemare la situazione e di puntare sulla musica. Ci sarebbero mille possibilità, alcune anche facilmente realizzabili, ad esempio aiutare e incentivare i gestori di locali che propongono concerti, oppure creare spazi “plug and play”. Mancano dei posti idonei per le varie esigenze, manca la tolleranza, manca la voglia di fare. Ci sono corsi di musica e negozi di strumenti, ma poi un ragazzino cosa fa? Compra una chitarra, impara a suonare e poi?».

Un’altra «icona» della musica trentina è Alessio Zeni. E anche lui conferma. «Credo che gli spazi fisici esistano, ma non sono funzionali e realmente fruibili. Poi c’è un aspetto culturale: a volte vai a suonare e la prima cosa che ti dicono è «suona piano», non «suona bene». Hanno fatto il teatro di Sanbapolis, stupendo e fantastico, che è però una cattedrale nel deserto, sovradimensionato per le esigenze locali. Invece tanti altri posti sono sottodimensionati e se ti presenti in quattro a suonare con dieci amici di pubblico non ci stai».

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Sono fondamentalmente quattro gli attori protagonisti dell’infinito film sulla scena musicale a Trento: in primis, ovviamente, i musicisti. Poi i gestori dei locali, il pubblico e, last but not least, la politica. In città le realtà che propongono musica dal vivo con una certa frequenza sono una decina. La Bookique e l’Angolo dei 33 sono quelli che possono accogliere più pubblico, poi ci sono il Circolino in piazza Venezia, il Porteghet in fondo a via Suffragio, l’Hdemia in vicolo Colico, l’Arsenale in vicolo degli Orbi, il Fiorentina in via Calepina e ancora 21.1, Flambard e centro sociale Bruno. A questi si aggiungono alcuni bar che di tanto in tanto organizzano qualche evento musicale. Il tutto, ovviamente, rispettando limiti di orari e di decibel imposti dal rigido regolamento comunale.

Se i musicisti, tendenzialmente, si lamentano, le difficoltà non mancano nemmeno per i gestori dei locali. Oltre ai problemi legati alle lamentele del vicinato, ci sono i costi: una parte «burocratici», ovvero permessi e siae. La cifra è variabile ma, per la tipologia dei locali in città, possiamo quantificare la cifra in poco meno di un centinaio di euro per ogni concerto. Poi ci sono gli artisti da pagare: si tratta di piccoli rimborsi spese o di accordi per il pasto e qualche consumazione a gratis. Costi che dovrebbero rientrare grazie alla presenza di più clienti il giorno del concerto, ma il rischio d’impresa resta altissimo.

E allora perché organizzare dei live? Ci sono costi e ci sono possibili problemi con il vicinato.

Marco Rosi, deus ex machina della Bookique, se la ride: «Effettivamente. A volte me lo chiedo, ma poi c’è la passione, c’è la voglia di darsi da fare, di organizzare. Diciamo che non è facile, ma alla fine noi e altri continuiamo a farlo». Cosa manca a Trento per tornare a vedere una scena musicale frizzante e attiva? «È evidente l’assenza di locali attrezzati per la musica: il classico live club, qui da noi, non esiste. Credo che in generale manchino parecchi gradini in una scala delle esigenze: locali per piccole band e ragazzi giovani alle prime armi ce ne sono. C’è qualcosina per progetti acustici, per un duo o trio, ma poi manca tutto per le esigenze di band più navigate, che hanno un buon giro di pubblico».

Si guadagna nel proporre musica live? «Si vive ma non si guadagna. Il nostro è un locale particolare, ma anche per noi il rischio è sempre molto alto quando ci sono dei live». Soluzioni? «Lo si dice sempre, ma mettersi insieme, dialogare, creare una sorta di mappa di esigenze e bisogni può essere un primo importante passo. Poi bisogna far passare il messaggio che musica non è sinonimo di degrado, casino, problemi. Anzi, è esattamente il contrario».

Oltre a trovare spazi idonei dove suonare, un altro problema per la scena musicale trentina è quello delle sale prova. Le possibilità per le varie band sono tre: la saletta di proprietà, ovvero il classico garage o cantina, opportunamente insonorizzata, messo a disposizione da un componente del gruppo. Poi le sale pubbliche, ovvero l’ex Centro Musica che ora si trova presso Sanbapolis, che offre la possibilità di salette a pagamento già attrezzate.

Infine esistono alcune case disabitate, nei dintorni della città, che ormai da qualche anno vengono affittate alle band locali, che con un centinaio di euro al mese possono andare a provare e comporre senza il problema di disturbare il vicinato.

E la politica? Come accennato da Anansi, le domande e le proposte di I Know A Place sono ancora in attesa di risposte.

Corrado Bungaro e Giovanni Scalfi avevano partecipato ai vari incontri e stilato un programma ricco di proposte, prendendo spunto dalle esigenze dei musicisti. Tra queste c’era quella di inserire una norma di procurato allarme per chi chiama le forze dell’ordine per i concerti e poi tutto risulta a posto e in regola. Chissà se il Comune la inserirà nei nuovi regolamenti. Nel frattempo la musica a Trento continua a essere un problema.

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